8 maggio 2018

18 FEBBRAIO 1944 : La Resistenza degli IMI nei Lager Nazisti mentre ad Aprilia muore Eric Fletcher Waters



È il 18 febbraio 1944. Ad  Aprilia sono in corso i più aspri combattimenti tra truppe britanniche e i tedeschi presso il fosso della Moletta, nei quali perderà la vita il giovane Fuciliere Britannico Eric Fletcher Waters, padre del musicista Roger Waters.
Una data particolarmente drammatica anche per Ernesto Bonacini, padre di Elisa presidente dell’Associazione “Un ricordo per la pace” . Ernesto venne catturato in Grecia dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 e deportato seppur malarico nel campo- lazzaretto di Zeithain in Germania.


Ernesto con oltre 616.000 suoi compagni di sventura, gli Internati Militari Italiani combattevano in quei giorni la loro Resistenza al nazismo nei lager. 
A costo della propria vita il loro NO al nazismo, fedeli al giuramento patrio.
Ecco cosa riporta nel suo “diario di guerra e prigionia” trascritto recentemente dalla figlia Elisa.
Sono queste le pagine dei giorni di lotta con la morte, le parti più dolorose del diario che Ernesto ha nascosto per tutta la vita anche ai figli. Righe scritte con inchiostro sbavato e calligrafia incerta, sempre più spigolosa, quasi illeggibile con il passare dei giorni e l’acuirsi delle crisi malariche, della fame e dei soprusi dei nazisti. Sorretto Ernesto dal solo pensiero di potersi ricongiungere ai propri cari, al fratello Dante che non sapeva già  disperso in Russia.

È un grave accesso malarico che lo coglie sul lavoro. Febbricitante, dopo aver invano elemosinato del cibo nelle cucine del campo Ernesto è costretto a ritirarsi in baracca, assistito dalle amico Giuseppe Medici :
“Afflitto, affamato, umiliato, senza alcuna speranza mi corico in branda per piangere sotto le coltri. Ripenso con nostalgia ai monti in quella lontana Grecia, magari fossi morto laggiù combattendo che morire di fame in questa squallida baracca. Ma c'è chi dà amore, c'è chi si distingue dalla massa che mi fa scherno, ed è Giuseppe Medici. Si avvicina alla branda, "Mangia" mi dice, offrendomi una colossale patata ancora fumante. “Ti ringrazio, Medici, so quanto ti costi (ndr: l’alimentazione riservata ai prigionieri era scarsissima) la mangerò questa sera quando starò meglio”. Non erano passati che pochi minuti che lo vedo di ritorno. "Mi raccomando di cucinare bene questo ben di Dio" mi dice, e dalle tasche del pastrano prima e da quelle della giacca e dei pantaloni è un uscire di prosperose patate. "Queste" prosegue “non danneggiano alcuno perché sono del magazzino dei tedeschi e quindi non subentrano nella razione. (…) Sono passate da poco le 17, è già notte, e Medici ritorna (ndr: dal lavoro) fradicio e tremante. Chiede di me non vedendomi e si avvicina alla branda, mentre io ho raggiunto l'apice della febbre…...(ndr: seguono parole illleggibili). "Non ho combinato nulla" gli dico, "questa maledetta malaria mi ha colto anche oggi." "Oh, non fa nulla" mi risponde “anche se questa sera andrò a letto tardi per cucinare domani riposerò di più.” Lo lascio quindi intento nella cucina mentre io penso al suo nobile cuore. Sul tardi vengo svegliato dolcemente. "La cena è pronta" mi dice. "Coraggio Ernesto, questo è da dividere” ma quanto innanzi non mi stuzzica l'appetito forse perché mi sento enormemente debole. Mi sforzo, spinto dalle parole fraterne del Medici (….).”

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