Abbiamo il dovere morale di ricordare i sacrifici di coloro che in ogni tempo subirono e subiscono ancora, loro malgrado, gli orrori della guerra, le discriminazioni razziali e politiche, le vendette fratricide generate dall'odio politico.
Importantissime sono le loro testimonianze. È necessario diffonderle soprattutto nelle giovani generazioni, affinché siano duro monito per una continua ricerca di pace e di solidarietà tra i popoli.



PROGETTO DI RACCOLTA DOCUMENTAZIONE STORICA E SOCIOLOGICA
L'Associazione persegue un progetto di raccolta di documentazione storica e sociologica sul periodo della seconda guerra mondiale ed un particolare approfondimento della storia di Aprilia dalla sua fondazione ai giorni nostri
La finalità del progetto non si realizza nel semplice resoconto storico rappresentato egregiamente attraverso le tradizionali fonti , ma vuole cogliere gli aspetti più emozionali del vissuto dei singoli protagonisti.
L'attività dell'associazione promuove quindi la raccolta di testimonianze, (anche attraverso video-interviste), di diari, fotografie, documenti, per realizzare un grande “Museo della memoria”, in cui anche la semplice esperienza di vita della persona comune acquisti dignità di essere ricordata: la storia d'Italia nella sua parte umana, nelle emozioni e nel vissuto anche dei più umili protagonisti.
Sono queste le voci della nostra storia, testimonianze che non si trovano nei libri di testo, ma che sono importanti per capire quanto gli eventi storici influenzino, e stravolgano spesso il destino soprattutto delle persone più semplici ed umili.

ESPOSIZIONE MUSEALE "APRILIA IN GUERRA: LA BATTAGLIA DI APRILIA"
(Sezione progetto futuro Museo Civico di Aprilia nella prima meta' del '900 )
LINEE GENERALI E FINALITA' CULTURALI
Il progetto museale “Aprilia in guerra: la battaglia di Aprilia”, patrocinato dal Comune di Aprilia, è basato sull'ampia disponibilità dei reperti della Collezione storica di Ostilio Bonacini, denominata “un ricordo per la pace”.Con delibera n°163 del 12 giugno 2012, la Giunta Comunale di Aprilia ha accettato l'affidamento a titolo perenne e gratuito della collezione storica Bonacini, che consiste in più di 300 reperti militari degli eserciti che combatterono nel 1944 nel territorio di Aprilia e Cisterna, dopo lo sbarco degli alleati ad Anzio avvenuto il 22 gennaio 1944.Il 24 aprile 2013, presso l'Istituto Superiore Carlo e Nello Rosselli in via Carroceto ad Aprilia, grazie all'impegno economico preso dal Comune di Aprilia, è avvenuta l'inaugurazione del nuovo allestimento espositivo. La mostra permanente, curata dall'Associazione “un ricordo per la pace”, si inserisce in un'ottica di crescita culturale della città di Aprilia; un progetto ambizioso che aspira a far divenire Aprilia un polo culturale importante non solo in Italia, ma anche all'estero.

5 maggio 2025

UNA POESIA PER LE VITTIME DI PEDOFILIA- Elisa Bonacini



E tutti i colori delle favole divennero opachi e lordi.

Sorrisi ad inganno

Mani avide 

a rubare la tua anima indifesa.

Maledetto 

chi ha violato la tua innocenza.

Sprofondi all’inferno.

Là non ti troverà più, 

angelo mio.

Elisa Bonacini

(dalla  raccolta "realtà, finzione e fantasia" dedicata a una piccola vittima di pedofilia)




4 maggio 2025

25 APRILE FESTA DELLA LIBERAZIONE ricordiamo la resistenza degli IMI nei lager nazisti


 in una lettera di un ex IMI la toccante testimonianza dei giorni di prigionia


di Elisa Bonacini

el.bonacini@gmail.com

È stata celebrata lo scorso 25 aprile la Festa della Liberazione dal nazifascismo. Divenuta festa nazionale dal 1946, questa giornata ci invita a riflettere sul valore della Resistenza e sul sacrificio di tutti coloro, uomini e donne, che lottarono per un' Italia libera e democratica. Meno conosciuta ma non meno eroica, solo recentemente rivalutata, la resistenza degli nostri militari italiani internati nei lager nazisti dopo l’armistizio dell’Italia, durante la seconda guerra mondiale.

Firmato a Cassibile il 3 settembre 1943 dai generali Giuseppe Castellano e Walter Bedell Smith e reso pubblico dal generale Badoglio alle ore 20 dell'8 settembre 1943 l’armistizio sancì la fine dell'alleanza dell'Italia con la Germania nazista. I soldati italiani sui vari fronti si trovarono di fronte ad una scelta drammatica. Oltre 650.000 militari rifiutarono di aderire alla Repubblica Sociale Italiana o alle formazioni della Germania e pertanto vennero catturati dai tedeschi e deportati nei campi di concentramento del Terzo Reich. Una scelta coraggiosa, una resistenza senza armi pagata duramente sulla propria pelle da oltre 650mila soldati italiani, i cosiddetti IMI, acronimo di Internati Militari Italiani. Obbligati a lavorare fino a 12 ore al giorno in un regime alimentare scarsissimo, esposti al rischio dei frequenti bombardamenti, furono circa 60.000 gli IMI che non sopravvissero e migliaia di loro morirono al rientro in Italia dopo la liberazione causa la debilitazione organica e gravi malattie contratte in prigionia, tra cui la tubercolosi.

La Repubblica italiana con legge n. 296/2006, ha concesso agli IMI la medaglia d’onore, onorificenza conferita con Decreto del Presidente della Repubblica agli ex deportati militari e civili a titolo di risarcimento morale per la fedeltà alla Patria. La richiesta dell’onorificenza può essere effettuata dagli eredi, visto ormai l’esiguo numero di Imi viventi.

Recentemente, a gennaio 2025, è stata istituita una giornata in loro memoria. La data scelta è il 20 settembre di ogni anno in ricordo del 20 settembre 1943, giorno in cui Hitler modificò la condizione dei soldati italiani catturati sui vari fronti da prigionieri di guerra a internati militari. Fu un abile stratagemma del Führer per sottrarre i prigionieri italiani alle tutele della Convenzione di Ginevra e della Croce Rossa Internazionale.

L’associazione apriliana “Un ricordo per la pace”, ricordiamo, da oltre 13 anni assiste gratuitamente gli aventi diritto nelle richieste della medaglia d’onore. Tra le pratiche curate dall’associazione anche quelle per il conferimento dell’onorificenza ai papà IMI del rocker Vasco Rossi e dell’attore Roberto Farnesi, rispettivamente Giovanni Carlo Rossi e Pilade Farnesi. 

Aprilia orgogliosamente si distingue nel territorio pontino per l'elevato numero di medaglie d'onore conferite a suoi cittadini. Tra gli insigniti di questa onorificenza ricordiamo in ordine cronologico di consegna: Ernesto Bonacini, Alfio Fiorini, Aldo Boccabella, Gino Forconi, Amedeo Luciani, Giuseppe Raggi, Alfredo Federici, Giuseppe Romani, Domenico Fusco, Sante Tantari, Guido Vitali, Aldemiro Casoni, Giovanni Iencinella, Arturo Di Muccio, Tersilio Carnevali, Duino Colantoni e Silvio Pieralisi.

Mantenere la memoria del sacrificio degli IMI è un dovere. La loro storia, fatta di dignità, coraggio e fedeltà alla Patria, rappresenta un importante insegnamento per apprezzare ulteriormente i valori di libertà e democrazia. Voglio ricordare anche che diversi anni fa è stata formalizzata senza alcun esito al Comune di Aprilia la richiesta di intitolare una via/piazza/parco alla loro memoria. La proposta dell’Associazione “Un ricordo per la pace” e dell’Associazione Arma Aeronautica di Aprilia è stata condivisa nel tempo con altre associazioni. Un’iniziativa che se realizzata dalla futura amministrazione onorerebbe ulteriormente il sacrificio degli IMI e assicurerebbe che non vengano dimenticati dalle nuove generazioni.

Ed ora voglio dare voce a chi ha vissuto in prima persona quei giorni terribili proponendo alcuni stralci della lettera/ testimonianza che mio padre Ernesto Bonacini, deportato a Zeithain, scrisse ed inviò nell’immediato dopoguerra all' ANEI , l’allora neonata associazione degli ex internati militari. É un documento ritrovato alla sua morte tra la documentazione riservatissima conservata nei suoi “cassetti della memoria”: lettere, fotografie e il suo “diario di guerra e prigionia”. Ho violato i suoi segreti, ma, credo, a fin di bene.

“(…) Era ancora possibile per chi avesse voluto, optare. Un giorno, siamo ai primi di febbraio 1944,  passai per una baracca di ammalati gravi di tisi, uomini che avevano contati i giorni di vita.

Mi avvicinai ad un compagno intento ad osservare delle fotografie. Era, come mi disse, della mia classe, 1923. Con occhi che non avevano più luce guardando una piccola foto rispondeva a quanto io gli domandavo. Pure immaginando la risposta volli chiedere chi fosse quella donna. (Per esperienza sapevo quanto valore abbia la parola di un amico in simili circostanze). “Mia madre è” mi rispose. In un attimo dinanzi a me vidi una donna sulla soglia di una casa nella disperata attesa di chi non può ritornare. “Opta!”gli dissi, con la speranza di ridare un figlio a una madre. Abbassai lo sguardo per non incontrare il suo. “No!” mi rispose, con una voce che non era quello di uno che stava per morire. Dopo 11 giorni quel ragazzo fu portato alla pineta. E non fu il solo. (…) Nel Vorlager, luogo adibito per la disinfezione e bagno che avveniva circa una volta al mese si sono radunati medici italiani e tedeschi per l'autopsia ad uno dei nostri tanti morti deceduti senza la possibilità di avere un accertamento. La discussione è animata. Il colonnello italiano non è concorde con il giudizio dei dottori tedeschi. Non dimenticherò mai il viso trasfigurato di quel medico che affermava: “è morto di fame!”. Così mi disse allora l’amico Vittorio che aveva assistito all'esame.(…).

E la toccante chiosa della lettera: “Salutiamo fieri e commossi i compagni che in terra di Germania tra le più atroci barbarie, tra i più estenuanti dei lavori, tra le più colossali delle sofferenze hanno lasciato la vita. La loro forza di sopportazione ci è stata di esempio nel superare le avversità di ogni momento; la loro altezza morale ci è stata di incitamento a resistere fino in fondo mentre l’esistenza quotidiana diventava sempre più gravosa.

Al dolore delle famiglie di Questi noi partecipiamo perché noi abbiamo vissuto con Essi che ci furono fratelli in tanta cattività. I compagni dei lager di Germania che con noi non hanno fatto ritorno ci saranno di incitamento nelle opere di ricostruzione che la Patria, libera da ogni vincolo straniero, attende.” Ernesto Bonacini Stalag IV B 256699 

alcuni degli IMI di Aprilia







6 aprile 2025

81 ANNI FA L’ECCIDIO DELLE FOSSE ARDEATINE il dovere della memoria



di Elisa Bonacini

el.bonacini@gmail.com



Tra i crimini di guerra più efferati è l’eccidio delle Fosse Ardeatine in cui il 24 marzo 1944, durante l’occupazione nazista di Roma, vennero trucidate 335 persone tramite fucilazione. 

Molte le iniziative di memoria lunedì 24 marzo scorso sul territorio nazionale. A Roma il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella insieme al Sindaco di Roma Roberto Gualtieri ed alle più alte cariche dello Stato ha partecipato alla cerimonia commemorativa presso il Mausoleo ardeatino. Alla cerimonia che ha visto la deposizione di una corona d'alloro sulla lapide in memoria dei Caduti presente l’Associazione Nazionale Famiglie Italiane Martiri (ANFIM), costituitasi nel dopoguerra. Il presidente Albertelli e il Segretario generale Trasciani hanno dato luogo alla straziante lettura dei nomi dei 335 martiri. La commemorazione è proseguita con la preghiera cattolica recitata dal cappellano militare Monsignor Sergio Siddi e la preghiera ebraica officiata dal Rav. Riccardo Di Segni Rabbino Capo della Comunità ebraica di Roma.

L’eccidio nazi-fascista fu la feroce rappresaglia in risposta all’attentato di via Rasella messo in atto il giorno precedente (23 marzo 1944) da alcuni componenti dei GAP (Gruppi di Azione Patriottica). 

L’attentato aveva portato alla morte complessivamente 33 SS appartenenti al III battaglione Reggimento “Bozen” nonchè alcuni civili italiani.

Mandante del massacro l'ufficiale Herbert Kappler che ordinò il rastrellamento dei residenti nella via indipendentemente dal possibile coinvolgimento nell'attentato. Alla compilazione della lista delle persone da uccidere, in numero di dieci per ogni tedesco morto, collaborarono anche autorità italiane tra cui il questore di Roma Caruso e Pietro Koch, capo della squadra speciale della polizia fascista di Roma; circa 55 i nominativi forniti dalla Questura romana.

La lista avrebbe dovuto comprendere solamente prigionieri condannati o condannabili a morte o all’ergastolo detenuti a via Tasso e a Regina Coeli, antifascisti e membri della Resistenza. Non essendo tuttavia il numero sufficiente vennero inclusi 75 ebrei in attesa di essere deportati: la maggior strage di ebrei compiuta sul territorio italiano. Altre persone vennero rastrellate casualmente. La lista venne completata includendo detenuti per reati comuni e/o in attesa di giudizio e prelevando a Regina Coeli dieci detenuti in procinto di essere rilasciati. Le vittime, tutti maschi, di età compresa tra i 15 e i 74 anni; escluse le donne dalla rappresaglia. 


A programmare e dirigere le esecuzioni della durata di “non più di un minuto per uomo” i capitani Schütz e Priebke. Furono 74 i soldati tedeschi coinvolti. Per un tragico errore di conteggio vennero inserite nel gruppo 5 persone in più del numero richiesto dai tedeschi, trattenute per timore potessero testimoniare quanto avevano assistito. Tra le vittime della fucilazione 12 Carabinieri facenti parte del Fronte Clandestino di Resistenza dei Carabinieri, catturati dalla Gestapo e imprigionati i più nel carcere delle SS di via Tasso.

A termine delle esecuzioni le cave vennero fatte esplodere in modo da occultare l’eccidio, ma le esplosioni vennero avvertite da alcuni religiosi salesiani che poche ore dopo entrarono nelle cave, trovandosi lo spettacolo raccapricciante dei corpi delle vittime accatastatati per oltre un metro e mezzo. Soltanto il giorno seguente 25 marzo la notizia dell’esecuzione venne resa nota attraverso le pagine dei quotidiani con un freddo comunicato dalla terribile conclusione : “(…) per ogni tedesco assassinato, dieci criminali comunisti-badogliani saranno fucilati. Quest’ordine è già stato eseguito”.

I COLPEVOLI. Alcuni degli italiani che avevano collaborato con i nazisti nell’organizzazione del massacro vennero processati ed uccisi poco dopo la Liberazione; altri responsabili rimasero impuniti. Il comandante delle SS Herbert Kappler fu processato nel dopoguerra: un tribunale italiano lo condannò all’ergastolo per le vittime giustiziate in più, non comprese nel piano della rappresaglia. Dopo 30 anni di carcere nell’agosto del 1977 riuscì ad evadere dal Celio a Roma e raggiunse la Germania dove morì nel 1978. 

Il capitano delle SS Erich Priebke fuggito in Argentina nel dopoguerra fu ritrovato nel 1994. Estradato e processato in Italia, fu condannato all’ergastolo. A causa dell’età avanzata scontò la pena agli arresti domiciliari morendo a Roma nel 2013, all’età di 101 anni.

Tra i responsabili della rappresaglia il generale tedesco Albert Kesselring, a capo delle truppe tedesche in Italia dal 1942 al 1945. Kesserling aveva guidato la difesa nazista contro l’offensiva degli Alleati dopo lo sbarco di Anzio. Cercò di scaricare la colpa sull’ ordine ricevuto da Hitler nel quale si pretendeva la morte di 10 civili per ogni militare tedesco ucciso.

Nel febbraio 1947 venne processato a Mestre da un tribunale militare britannico. Accusato di crimini di guerra tra cui appunto il “coinvolgimento nell’uccisione, per rappresaglia, di circa 335 cittadini italiani” venne condannato a morte mediante fucilazione, ma nel giugno dello stesso anno la condanna fu commutata nel carcere a vita. Nel 1948 la pena fu ridotta a 21 anni di carcere e nel 1952 annullata; scarcerato fece ritorno in Germania dove morì nel 1960.

IL DOVERE DELLA MEMORIA

Dal dopoguerra in ricordo dei 335 martiri, oltre alle cerimonie commemorative nella ricorrenza della data dell’eccidio, sono state apposte targhe, intitolate vie, parchi, scuole, caserme. Alcune tra le vittime per la fedeltà alla Patria e le eroiche azioni di resistenza contro le truppe d’occupazione sono state insignite di medaglie al valor militare o civile. Numerose tra loro anche le persone comuni, le cui vite falciate così precocemente sono rimaste “senza storia”.

Gli storici Mario Avagliano e Marco Palmieri, attraverso una minuzioso lavoro di ricerca ne hanno ricostruito recentemente le biografie in una pubblicazione: un lodevole tentativo di rendere memoria a tutte le 335 vittime innocenti di una delle più efferate stragi della storia.



( fonti : https://www.quirinale.it/ ; ANFIM https://www.anfim.org/ ;carabinieri nella guerra di liberazione http://www.carabinieri.it ; https://www.mausoleofosseardeatine.it/


20 ottobre 2023

ROMA: MUSEO “VITE DI IMI” di ANRP



la Memoria degli Internati Militari Italiani vive grazie all’impegno dell' Associazione Nazionale Reduci dalla Prigionia, dall’Internamento, dalla Guerra di Liberazione



di Elisa Bonacini


Il Museo “Vite di IMI. Percorsi dal fronte di guerra ai lager tedeschi 1943-1945” ideato e realizzato da ANRP (Associazione Nazionale Reduci dalla Prigionia, dall’Internamento, dalla Guerra di Liberazione e loro familiari) si trova a Roma presso la sede dell’associazione in via Labicana 15/A , non molto distante dal Colosseo.

Il progetto a memoria degli IMI ha radici lontane. Dopo un lungo periodo di silenzio la tematica  divenne oggetto di interesse nel 2008 da parte dei governi di Italia e Germania che nominarono una specifica Commissione di storici con lo scopo di “occuparsi del passato di guerra italo-tedesco e in particolare degli Internati Militari Italiani”. Nel rapporto conclusivo pubblicato nel 2012 si sottolineava, tra l’altro, la necessità di istituire a Berlino e Roma un Luogo della Memoria per gli IMI promuovendo un gemellaggio fra i due centri in uno spirito di riconciliazione per un futuro di pace e sempre maggiore coesione europea.

L’innovativo percorso multimediale del Museo, già mostra permanente, è stato inaugurato l’8 maggio 2018. Realizzato con il sostegno dei Ministeri degli Affari Esteri italiano e tedesco tramite il “Fondo italo-tedesco per il futuro” ha quale finalità primaria il trasferimento della memoria alle  giovani generazioni della drammatica vicenda dei 650 mila Internati Militari Italiani nei lager nazisti (IMI) che dopo l’8 settembre 1943 opposero un netto “NO!” alle richieste di collaborazione con la Wehrmacht e la Repubblica di Salò.

La fedeltà alla Patria, una resistenza senza armi che costò ai militari italiani la prigionia nei campi di concentramento nazisti sparsi in tutta Europa ed il lavoro coatto per l’economia bellica della Germania. Trattati dai tedeschi quali traditori subirono infinite vessazioni e maltrattamenti psicologici e fisici;  sottoposti ad una scarsissima alimentazione con un conseguente indebolimento organico che li predispose a contrarre gravissime malattie tra cui la tubercolosi.

Si stimano oltre 50.000 gli IMI che non fecero ritorno in Italia, seppelliti per lo più negli spazi adiacenti ai campi; inquantificabile il numero dei militari che morirono dopo la liberazione e il rientro a casa o nei mesi/ anni successivi.

Il percorso espositivo di “Vite di IMI” è un itinerario storico-didattico che si sviluppa in sei sale, mettendo a disposizione del pubblico, con accorgimenti multimediali d’avanguardia, l’intenso lavoro di raccolta dell’associazione con materiali di notevole interesse; percorsi specifici sono dedicati alle scuole. L’esperienza dell’internamento viene descritta in tutte le sue fasi: l’arresto, la deportazione, la vita nei campi, la liberazione, il rimpatrio e i suoi aspetti: il trattamento, il lavoro coatto, il tempo libero, la produzione artistica.

Di notevole impatto emotivo la riproduzione del portellone di un treno, a simboleggiare il viaggio  degli IMI verso i campi  e la mappa dei fronti di cattura. Una mappa interattiva  consente poi  la ricerca e le visualizzazione dei campi di internamento nazisti; sono presenti totem di approfondimento touch-screen e numerosi video che sono proiettati nelle varie sale; nell’ultima sala gli “oggetti parlanti” che, grazie a un sensore, avviano un filmato che ne racconta la storia.

Un’associazione ANRP che nel tempo, oltre al museo, si è fatta promotrice ed organizzatrice di innumerevoli interessanti iniziative, convegni e mostre tematiche che ne fanno un punto di riferimento importante per ricercatori e studiosi della tematica IMI nonché  per gli appassionati di storia della seconda guerra mondiale di ogni età.

Presidente Nazionale di ANRP è il Prof. Nicola Mattoscio; Vice Presidente il Prof. Luciano Zani. Consiglieri: Generale Potito Genova; Prof.ssa Anna Maria Isastiaela; Prof.ssa Rosina Zucco, Direttore del Museo “Vite di IMI”. Presidenti onorari: Michele Montagano ed il Dott. Enzo Orlanducci, Presidente emerito di ANRP.

Dal maggio 2016 il cortile del museo si è arricchito di opere d'arte di artisti italiani divenendo “Cortile della memoria”.  Grazie ad un concorso internazionale alle opere  presenti si sono unite quest’anno le creazioni di tre artisti tedeschi: Janine v Thüngen Reichenbach, Lukas Liese e di Anica Huck. Nella commissione esaminatrice l’artista pittore e scultore Gianluca Murasecchi, docente all’Accademia di Belle Arti di Roma, primo  artista donatore nel progetto Cortile della Memoria. L’8 maggio 2023 è avvenuta l’inaugurazione delle nuove opere alla presenza dell'Ambasciatore della Repubblica Federale di Germania, Viktor Elbling.

Il progetto è stato realizzato con il sostegno della Regione Lazio per Biblioteche, Musei e Archivi; curatrice del Cortile della Memoria la Prof.ssa Cinzia Pierantonelli.

Tra le ultime iniziative di ANRP, visitabile fino al 13 ottobre scorso, la mostra “6865 – L’IMI Giovannino Guareschi” a cura di Marco Ferrazzoli, biografo di Guareschi. Nell’ottantesimo dell’armistizio  si è voluto commemorare gli Internati Militari italiani attraverso colui che ne è stato  tra i più celebri testimoni. Lo scrittore Guareschi  noto come autore  del “Mondo piccolo”, ideatore di personaggi  quali Don Camillo e Peppone  protagonisti di libri e film che continuano a perpetuare successo e simpatia in tutto il mondo. Meno noto che Giovannino fu tra i militari italiani che dopo l’8 settembre 1943 rifiutarono la collaborazione con i tedeschi e la Repubblica Sociale, subendo quasi due anni di durissima prigionia. Un’esperienza sintetizzata nel suo motto “Non muoio neanche se mi ammazzano!” che  lo segnerà profondamente influenzando la sua produzione letteraria. 

Iniziativa in corso di ANRP la mostra  storico fotografica “Architettura bellica e deportazione. I bunker di Vienna”  a cura di  Flavia Foradini e Edoardo Conte che verrà inaugurata martedì 17 ottobre presso il Museo di via Labicana e sarà visitabile fino al 30 novembre. 

“Alla costruzione delle enormi torri volute dal nazismo in varie città del Reich parteciparono  lavoratori coatti italiani, militari e civili.” spiega il Vicepresidente di ANRP Prof. Luciano Zani,  tra  i relatori del convegno tematico. Molte sono andate distrutte, ma sono ancora in essere quelle di Vienna, cui è dedicata la mostra.


 (su Museo Vite IMI https://www.museovitediimi.it/  : per informazioni: 06.7092125 info@anrp.it.)






5 ottobre 2023

DAL DIARIO DI GUERRA E PRIGIONIA DI ERNESTO BONACINI 80 anni fa : Schiavi di Hitler




dal diario versione integrale


"Eleusina 5/10/43-

Sveglia all'alba, adunata, quindi un giro per il campo a raccogliere schegge. Assistiamo al rifornimento di un apparecchio per poi incamminarci verso l’angar e ritirare il rancio. Ci troviamo nelle immediate vicinanze della nostra casa quando la contraerea dà il segnale d'allarme. È un corri corri, un fuggi fuggi verso i rifugi. Innanzi a tutti è il tedesco dell'organizzazione Tod che scappa a gambe levate. Non credo sia necessaria tanta fretta anche perché i colpi del …... (non è chiara questa frase: forse ha subito delle percosse) non hanno avuto su di me alcun effetto (Ernesto ha scritto e poi cancellato:  sono perfettamente calmo), quando però sento la contraerea che inizia un fuoco indiavolato mi ...corse verso il rifugio.

Il rifugio per la nostra compagnia è il numero sei. A mezza via incontro Favaldi che mi indica gli splendenti apparecchi, sono ormai sopra di noi. Non raggiungiamo il rifugio, ma un ripostiglio che doveva essere adibito, quando in quel luogo esisteva una postazione, a rifugio di munizioni. È un minuscolo rifugio ove ci si sta appena rannicchiati. Incontro Laugion e un cane (di razza......) anziano. Non sono passati che  pochi secondi che lo strano fischiettio di una bomba ci scuote ci scuote sino a toglierci ogni senso. Mi rendo conto di quanto sta succedendo dal susseguirsi degli scoppi che terrificanti giungono al nostro orecchio. Bombe ci cadono vicinissime, la terra trema mentre ancora ci troviamo nella più nera oscurità.

È ritornata la calma, il nostro rifugio è stato quasi seppellito, è rimasta solo una piccola finestrella ove a stento riesco a passare per vedere se effettivamente tutto è finito.

Come sto per uscire noto all'estremità del campo un apparecchio tedesco in fiamme e vicinissimo al nostro rifugio l'enorme buca della bomba esplosa. Mi ritiro terrificato e mi faccio il segno della croce mentre distinto si sente il rombo di motori.

Ho la sensazione di vedere mia madre.

Pochi attimi e altri scoppi, altra tempesta di fuoco che si abbatte su di noi.

Altri attimi di completa amnesia.

Come ritorna di nuovo la calma il carabiniere con un filo di voce ci dice: "ho fatto la guerra mondiale, ho fatto il fronte albanese, sono stato silurato in alto mare, ma vi assicuro figlioli che come questa non l'avevo mai provata."

Poco dopo un ufficiale tedesco, che prima notavamo solamente i calzoni (probabilmente lo intravedevano attraverso la finestrella del piccolo rifugio), si inginocchia ed entra con la testa nel rifugio, ci guarda meravigliato; i suoi occhi ci rispecchiano un suo dubbio: come sono ancora in vita?


Fertia (probabilmente fortuna ndr.), gli dico con la voce in gola.

"Ja" mi risponde sorridendo. Usciamo coperti completamente di terra.

 Il sudore ha permesso alla polvere di formare uno strato nerognolo sulle braccia e sui nostri visi  trasfigurati.

Sullo zaino in Angar noto una grossa scheggia mentre molti compagni lamentano le gavette fuori uso.

Le altre tavole di lamiera presentano innumerevoli fori. L'adunata mi sorprende intento a ritirare un poco di acqua mista a verdura fresca. Il tedesco che ci comanda fa sospendere la distribuzione e armati di pala e picco ci dirigiamo verso la pista di lancio meravigliosamente colpita.

È da poco passato mezzogiorno, si lavorerà fino alle 22. 

 Alle 20 sospendiamo il lavoro scioperando. Le nostre ragioni non valgono.

 Da ieri sera non mangiamo e il lavoro ci ha portato una debolezza indescrivibile.

Ci troviamo quindi con gli utensili a terra. Brevi attimi di riposo perché  in questa gente l'umanità  manca. Una squadra di avieri, armata di staier ci invita al lavoro con modo tutt'altro che umano (ndr. corretto  da Ernesto con ragionevole).

Solo quando la pista è  in ordine ci viene riportato di raggiungere l'alloggiamento. 

Mentre viene distribuito il pane con un invisibile pezzetto di burro, una bomba inesplosa è saltata producendo l'immancabile panico del fuggifuggi.

 Il burro calciato e pestato è l'unico inconveniente della serata di una giornata veramente vissuta. Meravigliosamente nessun italiano è caduto. Molti invece presentano graffiature.


Ernesto Bonacini e i suoi compagni Missolungi 1943