in una lettera di un ex IMI la toccante testimonianza dei giorni di prigionia
di Elisa Bonacini
el.bonacini@gmail.com
È stata celebrata lo scorso 25 aprile la Festa della Liberazione dal nazifascismo. Divenuta festa nazionale dal 1946, questa giornata ci invita a riflettere sul valore della Resistenza e sul sacrificio di tutti coloro, uomini e donne, che lottarono per un' Italia libera e democratica. Meno conosciuta ma non meno eroica, solo recentemente rivalutata, la resistenza degli nostri militari italiani internati nei lager nazisti dopo l’armistizio dell’Italia, durante la seconda guerra mondiale.
Firmato a Cassibile il 3 settembre 1943 dai generali Giuseppe Castellano e Walter Bedell Smith e reso pubblico dal generale Badoglio alle ore 20 dell'8 settembre 1943 l’armistizio sancì la fine dell'alleanza dell'Italia con la Germania nazista. I soldati italiani sui vari fronti si trovarono di fronte ad una scelta drammatica. Oltre 650.000 militari rifiutarono di aderire alla Repubblica Sociale Italiana o alle formazioni della Germania e pertanto vennero catturati dai tedeschi e deportati nei campi di concentramento del Terzo Reich. Una scelta coraggiosa, una resistenza senza armi pagata duramente sulla propria pelle da oltre 650mila soldati italiani, i cosiddetti IMI, acronimo di Internati Militari Italiani. Obbligati a lavorare fino a 12 ore al giorno in un regime alimentare scarsissimo, esposti al rischio dei frequenti bombardamenti, furono circa 60.000 gli IMI che non sopravvissero e migliaia di loro morirono al rientro in Italia dopo la liberazione causa la debilitazione organica e gravi malattie contratte in prigionia, tra cui la tubercolosi.
La Repubblica italiana con legge n. 296/2006, ha concesso agli IMI la medaglia d’onore, onorificenza conferita con Decreto del Presidente della Repubblica agli ex deportati militari e civili a titolo di risarcimento morale per la fedeltà alla Patria. La richiesta dell’onorificenza può essere effettuata dagli eredi, visto ormai l’esiguo numero di Imi viventi.
Recentemente, a gennaio 2025, è stata istituita una giornata in loro memoria. La data scelta è il 20 settembre di ogni anno in ricordo del 20 settembre 1943, giorno in cui Hitler modificò la condizione dei soldati italiani catturati sui vari fronti da prigionieri di guerra a internati militari. Fu un abile stratagemma del Führer per sottrarre i prigionieri italiani alle tutele della Convenzione di Ginevra e della Croce Rossa Internazionale.
L’associazione apriliana “Un ricordo per la pace”, ricordiamo, da oltre 13 anni assiste gratuitamente gli aventi diritto nelle richieste della medaglia d’onore. Tra le pratiche curate dall’associazione anche quelle per il conferimento dell’onorificenza ai papà IMI del rocker Vasco Rossi e dell’attore Roberto Farnesi, rispettivamente Giovanni Carlo Rossi e Pilade Farnesi.
Aprilia orgogliosamente si distingue nel territorio pontino per l'elevato numero di medaglie d'onore conferite a suoi cittadini. Tra gli insigniti di questa onorificenza ricordiamo in ordine cronologico di consegna: Ernesto Bonacini, Alfio Fiorini, Aldo Boccabella, Gino Forconi, Amedeo Luciani, Giuseppe Raggi, Alfredo Federici, Giuseppe Romani, Domenico Fusco, Sante Tantari, Guido Vitali, Aldemiro Casoni, Giovanni Iencinella, Arturo Di Muccio, Tersilio Carnevali, Duino Colantoni e Silvio Pieralisi.
Mantenere la memoria del sacrificio degli IMI è un dovere. La loro storia, fatta di dignità, coraggio e fedeltà alla Patria, rappresenta un importante insegnamento per apprezzare ulteriormente i valori di libertà e democrazia. Voglio ricordare anche che diversi anni fa è stata formalizzata senza alcun esito al Comune di Aprilia la richiesta di intitolare una via/piazza/parco alla loro memoria. La proposta dell’Associazione “Un ricordo per la pace” e dell’Associazione Arma Aeronautica di Aprilia è stata condivisa nel tempo con altre associazioni. Un’iniziativa che se realizzata dalla futura amministrazione onorerebbe ulteriormente il sacrificio degli IMI e assicurerebbe che non vengano dimenticati dalle nuove generazioni.
Ed ora voglio dare voce a chi ha vissuto in prima persona quei giorni terribili proponendo alcuni stralci della lettera/ testimonianza che mio padre Ernesto Bonacini, deportato a Zeithain, scrisse ed inviò nell’immediato dopoguerra all' ANEI , l’allora neonata associazione degli ex internati militari. É un documento ritrovato alla sua morte tra la documentazione riservatissima conservata nei suoi “cassetti della memoria”: lettere, fotografie e il suo “diario di guerra e prigionia”. Ho violato i suoi segreti, ma, credo, a fin di bene.
“(…) Era ancora possibile per chi avesse voluto, optare. Un giorno, siamo ai primi di febbraio 1944, passai per una baracca di ammalati gravi di tisi, uomini che avevano contati i giorni di vita.
Mi avvicinai ad un compagno intento ad osservare delle fotografie. Era, come mi disse, della mia classe, 1923. Con occhi che non avevano più luce guardando una piccola foto rispondeva a quanto io gli domandavo. Pure immaginando la risposta volli chiedere chi fosse quella donna. (Per esperienza sapevo quanto valore abbia la parola di un amico in simili circostanze). “Mia madre è” mi rispose. In un attimo dinanzi a me vidi una donna sulla soglia di una casa nella disperata attesa di chi non può ritornare. “Opta!”gli dissi, con la speranza di ridare un figlio a una madre. Abbassai lo sguardo per non incontrare il suo. “No!” mi rispose, con una voce che non era quello di uno che stava per morire. Dopo 11 giorni quel ragazzo fu portato alla pineta. E non fu il solo. (…) Nel Vorlager, luogo adibito per la disinfezione e bagno che avveniva circa una volta al mese si sono radunati medici italiani e tedeschi per l'autopsia ad uno dei nostri tanti morti deceduti senza la possibilità di avere un accertamento. La discussione è animata. Il colonnello italiano non è concorde con il giudizio dei dottori tedeschi. Non dimenticherò mai il viso trasfigurato di quel medico che affermava: “è morto di fame!”. Così mi disse allora l’amico Vittorio che aveva assistito all'esame.(…).
E la toccante chiosa della lettera: “Salutiamo fieri e commossi i compagni che in terra di Germania tra le più atroci barbarie, tra i più estenuanti dei lavori, tra le più colossali delle sofferenze hanno lasciato la vita. La loro forza di sopportazione ci è stata di esempio nel superare le avversità di ogni momento; la loro altezza morale ci è stata di incitamento a resistere fino in fondo mentre l’esistenza quotidiana diventava sempre più gravosa.
Al dolore delle famiglie di Questi noi partecipiamo perché noi abbiamo vissuto con Essi che ci furono fratelli in tanta cattività. I compagni dei lager di Germania che con noi non hanno fatto ritorno ci saranno di incitamento nelle opere di ricostruzione che la Patria, libera da ogni vincolo straniero, attende.” Ernesto Bonacini Stalag IV B 256699
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alcuni degli IMI di Aprilia |