30 settembre 2018

Siviglia Domenico Cavaliere di Vittorio Veneto



Siviglia Domenico. nato a Bova superiore il 15.11.1890, deceduto a Reggio Calabria il 22.01.1984. Cavaliere di Vittorio Veneto.

Fante nella Grande Guerra Domenico. A segnalare la sua storia la nipote Antonella Triveri, residente ad Aprilia : “ Quando mi raccontava della guerra ero piccolina e non davo la giusta importanza,. Raccontava sempre che una volta aveva avuto l'incarico di portare un dispaccio ad un'altra divisione e quando tornò in trincea trovò tutti i suoi compagni morti. Questo  mi colpì molto. Un altro aneddoto. Anche in vecchiaia fumava i sigari mettendo la parte accesa in bocca. Lo faceva perché in tempo di guerra fumando normalmente il nemico avrebbe visto la loro posizione notando la parte accesa.”

Figlio di un carabiniere, Domenico  visse in Calabria, la sua amata terra, dove svolse la professione di coltivatore diretto.
Sposò  Anna Costarella  con cui ebbero ben 19 figli, sopravvissuti solo 8. Attualmente 1 ancora in vita.
il genero di Domenico Aurelio Triveri, padre di Antonella


28 settembre 2018

Ernesto Bonacini lettera all'ANEI : Il saluto ai compagni di prigionia che non fecero ritorno



Ecco a seguire la lettera che mio padre Ernesto Bonacini scrisse nel dopoguerra all'ANEI , l'associazione degli ex internati militari, un documento ritrovato alla sua morte tra la documentazione riservatissima conservata nei suoi cassetti della memoria, lettere, fotografie e il suo segretissimo diario di guerra e prigionia. Ho violato i suoi segreti, ma credo a fin di bene. Ciao papi, ovunque tu sia.
tua figlia Elisa





26 settembre 2018

PIASTRINO USA DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE TORNA ALLA FAMIGLIA NEL TEXAS





Finalmente  ha un volto ed una storia il piastrino militare USA rinvenuto a Priverno.

Altro successo ad opera del "Gruppo Ricerche Storiche".

“Floyd Ardenn Floshay” era semplicemente un nome su uno dei tanti piastrini militari, le cosiddette “dog tag”spesso con errori di battitura, ma sempre degne di una ricerca rappresentando nel profondo non solo l'identità, ma quasi l'anima dei soldati che hanno combattuto in Italia.


Rinvenuta da Nicola Baratella, la dog tag è stata consegnata al “Gruppo Ricerche Storiche” da Luigi Lanzaro, presidente dell' “Associazione Militaria Priverno” in occasione di una ricerca svolta su indicazione del  DPAA USA.  


La ricerca di informazioni sul militare facilitata dall’esistenza di un sito pieno di sue foto; da qui il contatto con il nipote di Floyd per gli accordi della restituzione, avvenuta a fine agosto, il piastrino avvolto nella bandiera statunitense.

Spiega il presidente del G.R.S. Maurizio De Angelis:  “La Dog Tag è arrivata ad Austin in Texas dal nipote  Michiel Dillon che ci  ha ripagato con l’invio di tante foto di Floyd. Ancora una volta è  stato emozionante dare un volto ad un oggetto come questo. Ringraziamo pertanto Nicola e  l’associazione di militaria di Priverno per aver voluto condividere la scoperta e   Michiel per averci regalato splendide fotografie della vita del nonno”

il nipote di Floyd: Michiel Dillon

la consegna della dog tag, a sinistra Maurizio De Angelis e a destra Luigi Lanzaro
Floyd Ardenn Floshay con la moglie Robbie


25 settembre 2018

MEMORIA AGLI IMI: LA MEDAGLIA D'ONORE a chi spetta e come richiedere l'Onorificenza


Il mio articolo pubblicato sul Giornale del Lazio
Nel successo del progetto "Memoria agli IMI" un grande contributo è quello della stampa locale. Un successo le 14 medaglie d'Onore conferite a cittadini di Aprilia.
Un ringraziamento particolare a Bruno Iorillo, direttore ed editore del Giornale del Lazio per lo spazio che dal 2012 riserva all'argomento. Grazie!

di Elisa Bonacini
el.bonacini@gmil.com
unricordoperlapace.blogspot.it

“MEMORIA AGLI I.M.I” è il progetto dell'associazione “Un ricordo per la pace” dedicato ai militari italiani internati nei campi di concentramento nazisti durante la seconda guerra mondiale.
Dal 2011 l’associazione è attiva anche nella divulgazione della possibilità di ottenere la Medaglia d'Onore IMI, onorificenza conferita dal Presidente della Repubblica ai cittadini italiani, militari e civili che dopo l’armistizio dell'8 settembre 1943 rifiutarono di aderire alle formazioni naziste e pertanto vennero catturati ed internati nei lager, destinati a lavoro coatto per l'economia di guerra della Germania. È possibile richiedere l’onorificenza anche in qualità di erede.
La triste storia degli I.M.I. per molto tempo volutamente oscurata è stata rivalutata negli ultimi decenni quale una delle prime forme di “resistenza” al nazismo.
Con l’armistizio firmato a Cassibile il 3 settembre 1943 dal Generale Castellano (a nome dal Generale Badoglio) e da Walter Bedell Smith (a nome del Generale Eisenhower) ed annunciato nella serata dell'8 settembre da Badoglio via radio l'Italia mise fine all’alleanza con la Germania. I nostri militari, allo sbando, si trovarono nella situazione drammatica di scegliere da che parte stare. “Sull'arma si cade ma non si cede”: come non ricordare i martiri della Divisione Fanteria Acqui a Cefalonia, isola greca davanti a Patrasso. Onore a loro!
E si stimano circa 616.000 i soldati italiani che rifiutando di continuare la collaborazione con i tedeschi furono catturati e deportati nei campi di concentramento nazisti. Il loro status non fu quello di prigionieri di guerra, bensì di “internati militari”, abile stratagemma di Hitler per sottrarli alla tutela della Croce Rossa Internazionale.
Eroi inconsapevoli, i nostri soldati affrontarono con spirito di sacrificio e grande dignità il periodo della “prigionia”. Considerati “traditori” furono obbligati a svolgere lavori particolarmente pesanti e pericolosi, esposti al rischio dei frequenti bombardamenti.
A costo della propria vita gli Internati Militari Italiani anche dopo la cattura mantennero fede al giuramento fatto alla Patria, allora Regno d'Italia. Solo una piccolissima percentuale, spinta dagli stenti e dalle continue vessazioni, optò a favore dei tedeschi. Più di 50.000 ne morirono in quei campi, per lo più di fame e malattie tra cui la tubercolosi contratte a causa delle gravi carenze nutrizionali ed igieniche. Migliaia morirono al rientro in Italia.
Orgogliosamente Aprilia si piazza ai primi posti nel panorama pontino per avere ricevuto ad oggi 14 Medaglie d'Onore, l’ultima consegnata il 27 gennaio alla memoria di Tersilio Carnevali. Un ringraziamento è doveroso al sostegno della stampa locale, in particolare a Bruno Iorillo Direttore ed Editore del nostro Giornale del Lazio per lo spazio che riserva alla divulgazione dell’argomento.
Per richiedere la Medaglia d'Onore è necessario compilare e spedire, tramite raccomandata all'indirizzo indicato, una modulistica scaricabile dal sito internet del Governo Italiano - Medaglia d'Onore I.M.I. allegando le documentazioni di cui si è in possesso: foglio matricolare del militare, lettere dal lager etc, che testimonino l'internamento nei campi di concentramento nazisti dopo l'8 settembre 1943 e naturalmente la condizione di non optanti.
Invito quindi gli interessati a mobilitarsi in una piccola ricerca nella storia familiare considerando che se risponderanno con sollecitudine a questo appello potrebbero rientrare nella prossima cerimonia di consegna prevista come ogni anno il 27 gennaio Giornata della Memoria.
Nell’ambito del progetto “MEMORIA AGLI I.M.I” sono stati realizzati alcuni filmati-testimonianza di reduci pontini e degli ultimi IMI di Aprilia. Su richiesta i filmati sono a disposizione gratuitamente per le scuole del territorio.
Per informazioni rivolgersi all'Associazione “Un ricordo per la pace” : cell.3280751587 e-mail el.bonacini@gmail.com

SCENE DAL LAGER: IL “NO!” NEL RESERVE LAZARETT DI ZEITHAIN
Come noto, mio padre Ernesto Bonacini ha lasciato alla morte una documentazione “riservatissima” sul suo vissuto di guerra e prigionia in un campo di concentramento in Germania: lettere, foto e anche un diario scritto in diretta quei giorni drammatici.
Anche quest'anno nella ricorrenza dell'8 settembre voglio condividere una parte di quegli scritti, in questo caso sono poche righe tratte da una lettera scritta nel dopoguerra alla neonata associazione degli ex internati italiani ANEI. La prova della fedeltà dei nostri soldati all’Italia trova qui espressione attraverso un soldato anonimo che con grande dignità e coraggio non volle tradire il giuramento patrio, neppure con la certezza che la sua decisione avrebbe provocato presto la sua morte. La scena si svolge nel febbraio 1944 nel Reserve Lazzarett di Zeithain, il lazzaretto “campo ospedaliero” per soldati gravemente malati, campo distaccato dello Stalag IV B di Zeithain (circa 30 km da Dresda) dove mio padre malarico trascorse circa un anno prima di essere assegnato a lavori fuori dal campo. A Zeithain, voglio ricordare, venne internato anche il cittadino apriliano Domenico Fusco, scomparso nel 2016.
Reserve Lazzarett Zeithain, febbraio 1944 : “... Passai per una baracca di malati gravi di tisi (ndr :tubercolosi), uomini che avevano i giorni contati. Mi avvicinai ad un compagno intento ad osservare una fotografia. Era, come mi disse, della mia classe: 1923. 
Con occhi che non avevano più luce guardando una piccola foto rispondeva a quanto io domandavo. Pure immaginando la risposta volli chiedere chi fosse quella donna (per esperienza sapevo il valore di una parola di un amico in quelle circostanze). 
“ Mia madre è !“ mi rispose. In un attimo davanti a me vidi una donna sulla soglia di una casa nella disperata attesa di chi non può ritornare.
“Opta!” gli dissi, con la speranza di poter ridare un figlio ad una madre. Abbassai lo sguardo per non incontrare il suo. 
“No!” mi rispose con una voce che non era quella di uno che stava per morire. Dopo 11 giorni quel ragazzo venne portato alla pineta. E non fu il solo.”

24 settembre 2018

148° BRECCIA DI PORTA PIA: I BERSAGLIERI ADELCHI COTTERLI DI APRILIA SFILANO A ROMA sempre in prima linea l’associazione combattentistica apriliana




di Elisa Bonacini

Nell’ambito della ricorrenza del 148esimo anniversario della presa di Roma si sono tenute a Roma diverse manifestazioni che hanno visto coinvolti i Bersaglieri italiani.
Artefici dell’unificazione nazionale furono primi i Bersaglieri il 20 settembre 1870 ad entrare a Roma attraverso un varco nelle mura della città, la cosiddetta breccia di Porta Pia. 
All’evento risorgimentale che mise fine allo Stato Pontificio ed al potere temporale dei papi seguì l’annessione di Roma al Regno d’Italia.
Nella mattinata di domenica 23 settembre hanno partecipato alle celebrazioni a Roma i bersaglieri della sezione “Adelchi Cotterli” di Aprilia con il presidente Edoardo Tittarelli.


Il gruppo composto da una rappresentanza di 90 soci dell’associazione combattentistica si è recato al Colosseo per il raduno delle varie sezioni dell’Associazione Nazionale Bersaglieri con i rispettivi labari, per poi sfilare in direzione di piazza Venezia. Presenti anche alcune fanfare che hanno eseguito tradizionali pezzi bersagliereschi. Infine i bersaglieri a passo di corsa hanno raggiunto l’Altare della Patria; i presidenti e gli alfieri con il labaro delle varie sezioni sono saliti sul monumento, schierati a fianco della scalinata per assistere alla deposizione della corona d’alloro al Milite Ignoto.


Le trombe delle fanfare sulle note del Silenzio d’ordinanza e l’Inno di Mameli a conclusione della cerimonia e sigillare il momento patriottico dei fanti piumati che ha emozionato anche il numeroso pubblico presente.

È seguito un allegro conviviale dei Bersaglieri apriliani presso la Caserma Macao di via Castro Pretorio.



 (Foto bersaglieri Aprilia di Franco Riposati; immagini  presso Altare della Patria da pg facebook Associazione Nazionale Bersaglieri)

23 settembre 2018

SALVO D’ACQUISTO : "Se muoio per altri cento, rinasco altre cento volte." 75° anniversario della esecuzione nazista



«Se muoio per altri cento, rinasco altre cento volte: Dio è con me e io non ho paura!»

Brividi nel rievocare questa frase di Salvo D'Acquisto il carabiniere martire di Polidoro di cui ricorre oggi il  75esimo anniversario della barbara esecuzione nazista il 23 settembre 1943.

Salvo D'Acquisto (Napoli, 15 ottobre 1920 – Torre di Palidoro, 23 settembre 1943)  fu vice brigadiere dell'Arma dei Carabinieri, eroe nella memoria collettiva  per essersi sacrificato per salvare un gruppo di civili durante un rastrellamento delle truppe tedesche durante la seconda guerra mondiale.
Primogenito di  famiglia profondamente cristiana aveva studiato presso i Salesiani al Vomero. 
Si arruolò giovanissimo nei Carabinieri come volontario il 15 agosto 1939, frequentando la Scuola Allievi fino al 15 gennaio 1940. Nuovamente volontario, partì per la Libia con la 608ª Sezione Carabinieri, presso Tripoli, a pochi mesi dall'inizio della seconda guerra mondiale; dopo essere rimasto ferito a una gamba, restò con il suo reparto in zona d'operazioni, sinché non contrasse una febbre malarica. Rientrò poi in Italia per frequentare dal 13 settembre 1942 la Scuola Allievi Sottufficiali Carabinieri di Firenze e diventare sottufficiale il 15 dicembre successivo. Uscitone  col grado di vice brigadiere, fu destinato alla stazione dei Carabinieri di Torrimpietra, all'epoca zona rurale a qualche decina di chilometri da Roma, lungo la via Aurelia, oggi frazione del Comune di Fiumicino.
ANTEFATTI DELL’UCCISIONE
Dopo l’armistizio di Badoglio un reparto di paracadutisti tedeschi della 2. Fallschirmjäger-Division si era accasermato presso alcune vecchie postazioni precedentemente in uso alla Guardia di Finanza, nelle vicinanze della località Torre di Palidoro nella giurisdizione territoriale della stazione Carabinieri di Torrimpietra. Qui, il 22 settembre, alcuni paracadutisti tedeschi che ispezionavano casse di munizioni abbandonate furono investiti dall'esplosione di una bomba a mano. Due soldati morirono e altri due rimasero feriti.
Il comandante del reparto tedesco attribuì la responsabilità dell'accaduto ad anonimi attentatori locali e richiese la collaborazione dei Carabinieri della locale stazione temporaneamente comandata da Salvo D'Acquisto per l'assenza del maresciallo comandante e minacciarono la rappresaglia se entro l'alba non fossero stati trovati i colpevoli. La mattina seguente D'Acquisto, assunte alcune informazioni, provò a ribattere che l'accaduto era da considerarsi un caso fortuito, un incidente privo di autori, ma i tedeschi insistettero sulla loro versione e richiesero la rappresaglia, ai sensi di un'ordinanza emanata dal feldmaresciallo Kesselring pochi giorni prima.
Il 23 settembre furono  eseguiti i rastrellamenti e catturate 22 persone scelte a caso fra gli abitanti della zona. Lo stesso D'Acquisto fu forzatamente prelevato dalla caserma, da parte di una squadra armata, e fu condotto nella piazza principale di Palidoro, dove erano stati radunati gli ostaggi. Fu tenuto un sommario "interrogatorio", nel corso del quale tutti gli ostaggi si dichiararono innocenti. Nella piazza venne anche condotto un altro abitante ritenuto un carabiniere, Angelo Amadio, che sarà poi l'ultimo testimone del sacrificio del brigadiere.
Alla richiesta  di indicare i nomi dei responsabili, D'Acquisto ribadì che non ve ne potevano essere, perché l'esplosione era stata accidentale e che gli ostaggi e gli altri abitanti della zona erano dunque tutti quanti innocenti. Durante l'interrogatorio dei rastrellati, il sottufficiale fu tenuto separato nella piazza, sotto stretta sorveglianza da parte dei soldati tedeschi e, "quantunque malmenato e a volta anche bastonato dai suoi guardiani, il D'Acquisto serbò un contegno calmo e dignitoso" riferì Wanda Baglioni, una testimone oculare.

Gli ostaggi e D'Acquisto vennero quindi trasferiti fuori dal paese. Agli ostaggi furono fornite delle vanghe e furono costretti a scavare una grande fossa comune nelle vicinanze della Torre di Palidoro, per la ormai prossima loro fucilazione. Le operazioni di scavo si protrassero per alcune ore; quando furono concluse fu chiaro che i tedeschi avrebbero davvero messo in atto la loro terribile minaccia.

LA TESTIMONIANZA DI ANGELO AMADIO:
«all'ultimo momento,  contro ogni nostra aspettativa, fummo tutti rilasciati eccetto il vicebrigadiere D'Acquisto. ... Ci eravamo già rassegnati al nostro destino, quando il sottufficiale parlamentò con un ufficiale tedesco a mezzo dell'interprete. Cosa disse il D'Acquisto all'ufficiale in parola non c'è dato di conoscere. Sta di fatto che dopo poco fummo tutti rilasciati: io fui l'ultimo ad allontanarmi da detta località.»
Amadio ritenuto dai tedeschi un carabiniere e pertanto inizialmente fu trattenuto per assistere alla esecuzione. Evidentemente, Salvo D'Acquisto si era autoaccusato del presunto attentato, addossandosi la sola responsabilità dell'accaduto e chiese l'immediata liberazione dei rastrellati.
I 22 prigionieri furono lasciati liberi e immediatamente si diedero alla fuga, lasciando il sottufficiale italiano già dentro alla fossa, dinanzi al plotone d'esecuzione. Alla fuga si unì immediatamente dopo Amadio, quando riuscì a dimostrare, presentando i documenti, che in realtà era un operaio delle ferrovie e non un carabiniere. Come raccontò nella sua testimonianza resa nel 1957, fece in tempo però mentre correva, a sentire il grido "Viva l'Italia" lanciato dal carabiniere, seguito subito dopo dalla scarica di un'arma automatica che portava a termine l'esecuzione. Si girò e vide un ulteriore colpo sparato da un graduato tedesco al corpo già riverso per terra. Vide i soldati ricoprire il corpo con il terriccio, spostandolo con i piedi. Il comportamento del militare aveva infatti colpito gli stessi tedeschi, che il giorno dopo, secondo quanto riferito nella testimonianza della Baglioni, le riferirono: "Il vostro Brigadiere è morto da eroe. Impassibile anche di fronte alla morte."
Le sue spoglie sono conservate nella prima cappella sulla sinistra, adiacente all'ingresso, della Basilica di Santa Chiara di Napoli.

Insignito di Medaglia d'oro al valor militare con la seguente motivazione:
«Esempio luminoso d'altruismo, spinto fino alla suprema rinuncia della vita, sul luogo stesso del supplizio, dove, per barbara rappresaglia, era stato condotto dalle orde naziste insieme a 22 ostaggi civili del territorio della sua stazione, pure essi innocenti, non esitava a dichiararsi unico responsabile di un presunto attentato contro le forze armate tedesche. Affrontava così — da solo — impavido la morte, imponendosi al rispetto dei suoi stessi carnefici e scrivendo una nuova pagina indelebile di purissimo eroismo nella storia gloriosa dell'Arma.»
— Torre di Palidoro (Roma), 23 settembre 1943

alcuni sopravvissuti all'eccidio

ROMA, 23 SET 2018  Il messaggio del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella :
"Il sacrificio di Salvo D'Acquisto fa parte della memoria collettiva degli italiani come simbolo di suprema generosità e di altruismo (….) limpida figura di Carabiniere che, animato da altissimo senso del dovere, offrì la propria vita per salvare gli inermi cittadini di Torrimpietra, vittime innocenti della rappresaglia nazista".

(su Salvo D’Acquisto biografia e foto da Wikipedia)

20 settembre 2018

L’ORGOGLIO DI DIRE: "IO C’ERO"! I BERSAGLIERI DI APRILIA AL RADUNO NAZIONALE 2018 SUL PIAVE


L'emozionante cronaca della visita nei luoghi dei combattimenti della prima guerra mondiale.



Sabato 12 Maggio 2018 Piazza dei Bersaglieri ore 24,00 .
La sezione Bersaglieri Adelchi Cotterli con l’ omonima Fanfara si appresta a raggiungere San Donà di Piave per il 66° Raduno Nazionale.
L’atmosfera è gioiosa, si ride si scherza come altre decine di volte, ma qualcosa non è come le altre volte, lo si capisce da come ci salutano alcuni Bersaglieri che per vari motivi non saranno con noi. C’è chi sul quel fiume ha perduto il nonno e nel salutarci ci affida un abbraccio e una lacrima; c’è chi in quei luoghi tanti anni prima è stato soldato e nonostante l’ora tarda  è voluto venire a salutarci, quasi a scusarsi di non poter essere con noi. tutti noi ci rendiamo conto che quando saremo su quelle sponde il respiro di chi non c’è più ci abbraccerà….ma riponiamo il fazzoletto e via…. si parte.  
Prima destinazione Redipuglia, il doveroso omaggio a chi da quelle trincee non è più tornato. La Fanfara suona il Silenzio, i Bersaglieri su l’Attenti depongono una corona di fiori, c’è chi tra i nomi sulla lapide riconosce un parente e la mano sfiora quel nome quasi ad accarezzarlo, poi via, altra destinazione.  Si va a Bibione, Comune di San Michele al Tagliamento. In serata la nostra Fanfara insieme a quella di Cremona regalerà ai residenti ed ai numerosissimi villeggianti una serata di musica indimenticabile: la mezzanotte è di nuovo arrivata, ma da quella piazza nessuno ancora va via.

Finalmente è Domenica: si va sul Piave; indossiamo la nostra bella divisa, scarpe rigorosamente nere, i “fanfaroni”soffiano allegramente nei loro strumenti.  Il Capo Fanfara Ildo Masi dà le ultime disposizioni e via sui pullman: siamo tanti, siamo belli chi non può sfilare si unisce alla  traboccante folla e su quel fiume porteremo anche loro con noi. Siamo sul ponte di barche. Il nostro pensiero va ai Bersaglieri, a quei Ragazzi del 99 (ndr: nati nel 1899) che videro le acque del fiume tingersi di rosso, ma non mollarono ,resistettero e alla fine respinsero il nemico. Ecco i nostri soldati che oggi presidiano il ponte e  ci invitano a non correre lo fanno ne siamo certi per non disturbare il riposo di chi li ha preceduti, stessa divisa stessa bandiera . Ognuno di loro l’ultimo pensiero sarà stato per la mamma, per la sposa, ma le ultime parole le sentiamo ancora oggi forti e chiare: W L’ITALIA! 

Le ho sentite, certo, perché IO C’ERO.

Bers. Edoardo Tittarell Presidente Sez. A  Cotterli Aprilia (LT)

(da comunicato stampa sezione Bersaglieri Cotterli - Aprilia)










17 settembre 2018

178esimo anniversario della nascita di Menotti Garibaldi: Carano e Gabriele D'Annunzio


Il 16 Settembre 1840 nasceva a San Simao nel territorio di Mostardas (nello stato di Rio Grande del Sud in Brasile) Menotti Garibaldi, primogenito degli eroi dei due mondi Giuseppe ed Anita Garibaldi. In occasione del 178o anniversario della sua nascita si è svolta una breve ma significativa cerimonia presso la tenuta Ravizza Garibaldi di Carano Garibaldi nel territorio del comune di Aprilia (LT). Era presente una delegazione del Comitato Nettunense pro Gabriele D'Annunzio che, insieme ad alcuni rappresentanti della famiglia Ravizza Garibaldi, ha dapprima visitato la tomba per rendere omaggio al figlio degli eroi e quindi, in un gemellaggio virtuale tra Nettuno ed Aprilia, il pomeriggio è continuato presso la targa dannunziana scoperta il 21 luglio scorso. Questa targa riproduce con la grafia del Vate, un bellissimo verso che avvicina Carano e Caprera nel nome dei Garibaldi. Una pennellata che D’Annunzio ci ha lasciato in occasione della sua visita a Carano per l’arrivo del corteo funebre del generale Menotti Garibaldi il 26 Agosto 1903, recentemente scoperta dal ricercatore Marco Formato all’interno di una cartellina custodita al Vittoriale. In quel periodo Gabriele D’Annunzio era ospite nella villa Borghese di Nettuno accompagnato dalla famosissima attrice Eleonora Duse. 
Egli stava scrivendo la tragedia “La figlia di Iorio”, forse la punta più alta della sua poesia.

(da comunicato stampa famiglia Ravizza- Garibaldi)

14 settembre 2018

80 ANNI FA LE LEGGI RAZZIALI : IL RICORDO DI SHLOMO VENEZIA deportato ad Auschwitz



In ricordo di tutti gli ebrei deportati e uccisi nei lager nazisti riporto parte di un mio articolo su Shlomo Venezia, scomparso nel 2012.
Il 15 aprile del 2011 aveva portato la sua toccante testimonianza anche ad Aprilia. 
Gli studenti dell’I.C. “A. GRAMSCI” e rappresentanti degli studenti delle scuole medie di Aprilia ebbero la possibilità di conoscere presso l'Aula Consiliare del Comune di Aprilia questo grande personaggio, un incontro dal profondo valore educativo. 
Gli studenti avevano assistito con grande commozione e lo intervistarono ponendogli numerose domande. 
 Ebreo italiano era  nato nel 1923 a Salonicco in Grecia ove venne arrestato con la  famiglia (mamma,  un fratello e tre sorelle) e deportato nel campo di concentramento nazista di Auschwitz-Birkenau, in Polonia.  Giunse nel lager l'11 aprile 1944 dopo 11 giorni terribili di tradotta ferroviaria  su di uno dei treni dai vagoni piombati adibiti al trasporto degli ebrei.

All'arrivo al campo come è noto  avveniva la crudele separazione nelle famiglie: gli uomini da un lato e le donne con i bambini dall’altro.
 Un ufficiale delle SS selezionava attraverso un rapido sguardo i prigionieri abili al lavoro indicando con il pollice “Links... rechts !”, cioè “Sinistra... destra!”. 
Era decisa così in un istante la sorte degli ebrei deportati: da una parte il lavoro forzato nel campo, dall’altra la morte nelle camere a gas.
Un ricordo tragico indelebile nella memoria di Venezia, poiché da quel momento non rivide più la mamma e le sorelle minori Marica e Marta. 
Durante la prigionia Shlomo Venezia venne obbligato a lavorare nel Sonderkommando, “unità speciale” composta da internati che lavoravano nel Crematorio, con il terribile compito di rimuovere e cremare i corpi degli ebrei uccisi nelle camere a gas. 
Fu uno dei pochissimi sopravvissuti, l'unico in Italia (una dozzina in tutto il mondo), che svolsero questo compito disumano. 
I nazisti non risparmiavano i componenti di queste “squadre speciali”, affinché non rimanessero testimonianze di quegli orrori . 
Venezia rimase circa 10 mesi a Birkenau, in quello che definiva “l'ultimo gradino dell'inferno”. 
Verso la fine del 1944, con l'avanzare degli Alleati, si diradarono gli arrivi dei deportati e venne dato l’ordine di smantellare i crematori. 
Shlomo riuscì a salvarsi la vita infiltrandosi tra iprigionieri che le guardie SS trasferivano in altri campi.
Fu liberato dagli Americani il 6 maggio 1945 a Ebensee, un sotto-campo di Mauthausen in Austria. 
Malato gravemente trascorse poi 7 anni in sanatorio, senza svelare lavera identità e provenienza, facendosi chiamare Bruno. 
Visse un silenzio che durò più di 40 anni, una grande sofferenza interiore ed un enorme senso di colpa, sentimento comune nei sopravvissuti , che lui definiva la “malattia dei sopravvissuti”. 
Nel 1992 volle reagire all' “oblio” della Shoah e cominciò a portare instancabilmente la sua testimonianza sia in Italia che all'estero: era per lui un dovere nei confronti della famiglia e di tutti gli ebrei uccisi. 
Amava soprattutto rivolgersi ai giovani nelle scuole, accompagnato spesso dalla consorte, la dolce signora Mad irika. 
Aveva poi raccolto le sue memorie in un libro “Sonderkommando Auschwitz 182727”, tradotto in  24 lingue.
Memorabile fu il suo discorso, il  26 gennaio 2011, nella Giornata Internazionale della Commemorazione delle vittime dell'Olocausto presso la sede dell'UNESCO a Parigi: “... Non è mai stato possibile dimenticare, voltare pagina, vivere normalmente. Birkenau è rimasto in me un peso che mi schiaccia e che mi impedisce di ridere, di divertirmi, di essere come tutti gli altri.
Per molto tempo è stato impossibile per me raccontare quello che avevo visto e vissuto nei Crematori di Auschwitz. Avevo l’impressione che le persone non mi credessero e che mi avrebbero preso per matto. Ho dunque preferito rimanere in silenzio fino al 1992, quando l’antisemitismo e il negazionismo hanno ripreso a manifestarsi in Italia e ho sentito che non potevo più tacere. Sentivo dire spesso che Auschwitz era una leggenda, che gli ebrei mentivano...”.
 E concluse con un monito :  "  É il nostro dovere, nostro, dei sopravvissuti,anche a nome di tutti i nostri cari scomparsi nella Shoah, chiedervi di non abbassare la guardia, chiedervi di impegnarvi a fare tutto quanto vi è possibile per preservare il mondo dal ripetersi di tali atrocità".


8 settembre 2018

8 SETTEMBRE : RICORDIAMO I MARTIRI PER LA PATRIA



8 settembre, 75 anni dalla data che cambiò il destino dell'Italia. Ricordiamo oggi doverosamente i martiri di Cefalonia, tutti i non optanti per il nazismo, tutti quelli che sulla propria pelle pagarono la dedizione e l'amor di Patria. Onore a Loro, piccoli grandi uomini. Il Loro nome si perde nell'oblio del tempo, ma è inciso indelebile nel nostro cuore, nel cammino dell'Italia verso la libertà e la democrazia.
Una delle pagine più oscure della storia. La firma dell'armistizio il 3 settembre a Cassibile resa nota solo nella serata dell'8 settembre tramite comunicato radio del generale Badoglio prese alla sprovvista i soldati italiani sui vari fronti. L'ordine di disarmo intimato dai tedeschi che da alleati divennero nostri acerrimi nemici, pieni di odio verso gli Italiani considerati traditori, provocò in alcuni casi reazioni di resistenza basti pensare ai soldati della Divisione Acqui di Cefalonia/Corfù. Le dimensioni dell'eccidio furono agghiaccianti, si parla di 10.000 morti tra soldati ed ufficiali uccisi dai tedeschi. Oltre 616.000 soldati vennero catturati e deportati nei lager in Germania costretti a lavoro coatto per l'economia di guerra nazista. Oltre 50.000 morirono in quei campi, e migliaia al rientro per le malattie contratte in prigionia.




6 settembre 2018

“MEMORIA AGLI I.M.I”: LA MEDAGLIA D'ONORE il riconoscimento per i soldati italiani che dissero NO al nazismo




di Elisa Bonacini


“MEMORIA AGLI I.M.I” dal 2011 è l'ambizioso progetto dell'associazione “Un ricordo per la pace” per far emergere e rivalutare il sacrificio dei nostri soldati internati nei lager nazisti durante la seconda guerra mondiale. 
Il progetto è finalizzato anche a guidare gli aventi diritto nelle pratiche necessarie per ottenere la Medaglia d'Onore, Onorificenza conferita dal Presidente della Repubblica ai cittadini italiani, militari e civili che dopo l’armistizio dell'8 settembre 1943 rifiutarono di aderire alle formazioni naziste e pertanto vennero catturati ed internati nei lager destinati a lavoro coatto per l'economia di guerra della Germania.
 Considerando che il numero degli IMI viventi di anno in anno è sempre più esiguo ricordiamo che si può richiedere l’Onorificenza anche in qualità di erede.
La triste storia degli I.M.I. per molti anni volutamente oscurata è stata rivalutata negli ultimi decenni e considerata a tutti gli effetti una delle prime forme di “resistenza” al nazismo. 
Fu l’armistizio firmato a Cassibile ed annunciato via radio dal Generale Badoglio nella serata dell' 8 settembre 1943 l'Italia a mettere fine all’alleanza dell’Italia con la Germania.
 I nostri militari, allo sbando, si trovarono nella situazione drammatica di scegliere da che parte stare. Oltre 616.000 soldati italiani rifiutarono di continuare la collaborazione con i tedeschi e furono catturati e deportati nei campi di concentramento nazisti. Il loro status non fu quello di prigionieri di guerra, bensì di “internati militari”, abile stratagemma di Hitler per sottrarli alla tutela ed agli aiuti della Croce Rossa Internazionale.
Eroi inconsapevoli, i nostri soldati affrontarono con spirito di sacrificio e grande dignità il periodo della “prigionia”. Considerati “traditori” furono obbligati a svolgere lavori particolarmente pesanti e pericolosi, esposti al rischio dei frequenti bombardamenti.
A costo della propria vita gli Internati Militari Italiani anche dopo la cattura mantennero fede al giuramento fatto alla Patria, allora Regno d'Italia. Solo una piccolissima percentuale, spinta dagli stenti e dalle continue vessazioni, optò a favore dei tedeschi. Più di 50.000 ne morirono in quei campi, per lo più di fame e malattie tra cui la tubercolosi, contratte a causa delle gravi carenze nutrizionali ed igieniche. Migliaia ne morirono al rientro in Italia. 
Orgogliosamente Aprilia  si piazza ai primi posti nel panorama pontino per avere ricevuto finora 14 Medaglie d'Onore. Un ringraziamento è doveroso pertanto al sostegno della stampa locale, in particolare a Bruno Iorillo Direttore ed Editore del Giornale del Lazio per lo spazio che mi riserva sempre nella divulgazione  dell’argomento.
Per potere richiedere la Medaglia d'Onore anche in qualità di erede, è necessario compilare e spedire, tramite raccomandata all'indirizzo indicato, una modulistica scaricabile dal sito internet del Governo Italiano - Medaglia d'Onore I.M.I. allegando le documentazioni di cui si è in possesso: foglio matricolare del militare, lettere dal lager etc, che testimonino l'internamento nei campi di concentramento nazisti dopo l'8 settembre 1943 e naturalmente la condizione di non optanti.
Invito perciò gli apriliani (e non solo, naturalmente) a mobilitarsi in una piccola ricerca nella storia familiare considerando che se risponderanno con sollecitudine a questo appello potrebbero rientrare nella prossima cerimonia di consegna prevista il 27 gennaio Giornata della Memoria.
L'associazione “Un ricordo per la pace” negli ultimi anni  ha realizzato diversi video tematici con le testimonianze degli ultimi ex internati di Aprilia e della provincia di Latina e ricorda che sono a disposizione gratuitamente per la visione nelle Scuole del territorio.
Per informazioni rivolgersi all'Associazione “Un ricordo per la pace” : cell.3280751587  e-mail el.bonacini@gmail.com  

SCENE DAL LAGER: IL “NO!”  NEL RESERVE LAZARETT DI ZEITHAIN  

Come noto, mio padre Ernesto Bonacini ha lasciato alla morte una documentazione “riservatissima” sul suo vissuto in guerra e poi nel campo di concentramento in Germania: lettere, foto e  anche un diario “di guerra e prigionia” scritto in quei giorni drammatici.
Anche quest'anno nella ricorrenza dell'8 settembre voglio condividere una parte di quegli scritti, in questo caso sono poche righe tratte da una lettera da lui scritta nel dopoguerra alla neonata associazione degli ex internati italiani ANEI .
Una ulteriore prova della fedeltà all’Italia  trova espressione attraverso un soldato anonimo, uno dei tanti, che con grande dignità e coraggio non volle tradire il giuramento patrio, neppure con la certezza che la sua decisione avrebbe provocato presto la sua morte.
La scena si svolge nel febbraio 1944 nel Reserve Lazzarett di Zeithain, il lazzaretto “campo ospedaliero” per soldati gravemente malati, campo distaccato dello Stalag IV B di Zeithain (circa 30 km da Dresda) dove mio padre malarico trascorse circa un anno prima di essere assegnato a lavori fuori dal campo. A Zeithain venne internato anche il cittadino apriliano Domenico Fusco di Aprilia, scomparso nel 2016.
Reserve Lazzarett Zeithain, febbraio 1944 : “... Passai per una baracca di malati gravi di tisi (ndr :tubercolosi), uomini che avevano i giorni contati. Mi avvicinai ad un compagno intento ad osservare una fotografia. Era, come mi disse, della mia classe: 1923. 
Con occhi che non avevano più luce guardando una piccola foto rispondeva a quanto io domandavo. Pure immaginando la risposta volli chiedere chi fosse quella donna (per esperienza sapevo il valore di una parola di un amico in quelle circostanze). 

“ Mia madre è !“ mi rispose. In un attimo davanti a me vidi una donna sulla soglia di una casa nella disperata attesa di chi non può ritornare.
“Opta!” gli dissi, con la speranza di poter ridare un figlio ad una madre. Abbassai lo sguardo per non incontrare il suo. 
“No!” mi rispose con una voce che non era quella di uno che stava per morire. Dopo 11 giorni quel ragazzo venne portato alla pineta. E non fu il solo.”