di Elisa Bonacini
Aldo Boccabella, classe 1923, rappresenta una delle ultime testimonianze viventi degli IM.I., Internati Militari Italiani, i soldati Italiani che dopo l'armistizio dell' 8 settembre 1943 non accettando l’adesione alla R.S.I. o alle formazioni delle SS. vennero deportati ed internati nei lager nazisti e destinati al lavoro coatto per l’economia di guerra della Germania.
Aldo Boccabella nel 1944 lavoratore coatto per la Germania |
I militari italiani, considerati “traditori”, furono obbligati a svolgere lavori pericolosi, massacranti, con turni che spesso superavano le 12 ore al giorno. Molti di loro, circa 50.000, non sopravvissero.
Nella ricorrenza appena trascorsa del 2 giugno, festa che ricorda la nascita nel 1946 della Repubblica Italiana (quest'anno sottotono a causa della tragedia del terremoto in Emilia) è doveroso ricordare anche il contributo dei nostri soldati Italiani nel secondo conflitto mondiale, che con il loro eroico rifiuto alla collaborazione con i nazisti, furono effettivamente una delle prime forme di “resistenza”al nazismo. Che sarebbe stato infatti dell'Italia se i militari Italiani avessero aderito in blocco alla neo Repubblica Sociale o alle SS ?
Il Signor Boccabella è nato a Roma, ma risiede da qualche anno ad Aprilia in via Bonn insieme all'amatissima moglie Liliana, artista eclettica ed ex soprano di canto lirico.
Aldo Boccabella |
È stato tra i partecipanti al 1° convegno sul 68° della liberazione di Aprilia: “28 maggio, a day to remember”, evento patrocinato dal Comune di Aprilia, tenutosi sabato 26 maggio, presso L'Istituto I.I.S. Rosselli di Aprilia. Nel suo toccante intervento ha raccontato la sua esperienza nel campo di concentramento.
La sua storia, raccolta in una video intervista, effettuata dal gruppo di ricerca storica “Un ricordo per la pace” nel dicembre 2012, è affascinante, perfetta per la sceneggiatura di un film.
Pur essendo orfano ·di padre e con fratelli ancora piccoli, venne chiamato alle armi nell'aprile 1943. Catturato 1'8 settembre 1943 a Patrasso in Grecia, venne trasportato tramite tradotta ferroviaria fino a Belgrado e da li via Danubio sino in Austria nel Stamlager 17b di Krems e poi in un campo di concentramento nelle vicinanze di Linz.
“La vita da internato” racconta Aldo” : aveva due visioni differenti: la fabbrica, con la disciplina inerente al lavoro da svolgere, sotto il comando di un civile; il lager, dove si era trattati come galeotti, senza dignità, offesi e derisi. Il vitto scarso era composto da una brodaglia di carote e quattro patate. Molti prigionieri si ammalarono a causa del deperimento organico.
Due italiani progettarono di fuggire. All'appello della sera risultò la loro mancanza; la forza del campo venne immediatamente allertata. I fuggitivi vennero barbaramente uccisi e per il recupero dei corpi crivellati da colpi di mitraglia vennero comandati due italiani muniti di carrettino a mano. Dei loro corpi non si seppe più nulla.
Volli imparare il tedesco per far valere la mia dignità, per dire loro che non ero una bestia e che la guerra non l'avevo voluta io. Una ragazza tedesca che conobbi durante il lavoro in fabbrica, mi diede di nascosto un vocabolario ed un libro di grammatica. Studiai la lingua tedesca dalle 6 alle 11 di sera, solo con me stesso.
Aldo Boccabella |
Programmai un piano per arrivare a comunicare con il comandante del campo. All'appello non mi presentai. Immediatamente un soldato delle SS venne mandato a cercarmi in baracca, e mi prese a calci violentemente. Era un uomo sui cinquanta anni. Gli dissi in tedesco cosa avrebbe provato se suo figlio in guerra fosse stato trattato in quel modo. Lui, sorpreso di vedermi parlare nella sua lingua, arrabbiatissimo, mi diede un colpo di moschetto nella schiena e mi portò dal comandante del lager. Era quello che volevo. Era un tenente delle SS. Mi domandò in italiano di dove fossi. Io risposi che ero di Roma, e lo invitai ad andare ai Castelli Romani per bere del buon vino. Lui mi rispose di non fare dell'ironia, ma trasformò immediatamente il “tu” in “Lei”. Avevo riconquistato così una parte della dignità persa. Mi obbligò poi ad avere il compito di interprete nel campo, incarico che mi permise di aiutare i miei compagni, quale portavoce delle loro necessità ”.
Aldo Boccabella, Gino Forconi ed Amedeo Luciani ( per quest'ultimo la figlia in qualità di erede), tre IMI di Aprilia, riceveranno a breve la medaglia d'onore, onorificenza concessa dal 2007 dal Governo Italiano agli Internati Militari Italiani. quale risarcimento morale del loro sacrificio nei campi nazisti, sacrificio che affrontarono eroicamente per fedeltà al Regno d'Italia.
Pubblicato su "Il Giornale del Lazio" il 7 giugno 2012
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Pagina 36 de "Il Giornale del Lazio" del 7 giugno 2012 |
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