AVEVANO SOFFERTO NELLO STESSO LAGER MA NON SI CONOBBERO MAI
LE LORO TESTIMONIANZE CONTRIBUIRANNO A RICOSTRUIRE LA STORIA DEGLI IMI NEL “CAMPO DI MORTE" IL RESERVE LAZARET DI ZEITHAIN
di Elisa Bonacini
Non si conobbero mai Ernesto Bonacini e Domenico Fusco pur avendo vissuto per tanti anni ad Aprilia, eppure nei loro ricordi mai svelati, neppure ai propri cari, le stesse immagini e le stesse sofferenze vissute in prigionia nel Reserve–Lazaret di Zeithain in Germania, un distaccamento dello Stalag IV B di Mühlberg, a circa 30 km da Dresda, tristemente noto come “campo di morte”.
Domenico Fusco |
Ernesto Bonacini |
Ricordi pesanti, dolorosi: chissà quante volte saranno tornati a tormentarli. Mio padre Ernesto li aveva in un diario, quasi tangibili quei ricordi, scritti in diretta nel lager e custoditi gelosamente nel comodino a fianco del letto. Solo dopo la sua scomparsa ho potuto leggerli e vivere con lui quei momenti terribili di lotta quotidiana con la morte, sostenuti da una forza straordinaria nel voler sopravvivere per ricongiungersi con i propri affetti.
Quando scrissi un articolo sugli internati militari italiani pubblicato nel 2012 sul Giornale del Lazio, nel quale parlavo di mio padre a Zeithain, non avrei mai immaginato che potesse essere letto da qualcuno che quella esperienza l'aveva vissuta in prima persona. Era Domenico Fusco di Aprilia, classe 1920 : cercò subito un contatto con la redazione, voleva conoscere assolutamente mio padre, ma ad una lettura attenta dell'articolo si rese conto che ciò non era più possibile.
Rilasciò comunque un'intervista pubblicata sul Giornale del Lazio nella quale raccontò tutto il suo percorso di guerra e di prigionia.
Lo incontrai qualche giorno dopo; ero ansiosa di conoscere alcuni particolari, rivolgergli le domande che avrei voluto fare a mio padre e che erano rimaste dentro di me senza alcuna possibilità di risposta. L'emozione fu intensa e reciproca; io pensavo con tristezza a mio padre, scomparso nel 1999, ed a quanto sarebbe stato felice di poter abbracciare un compagno di prigionia; anche Domenico era amareggiato per avere perso quell'incontro straordinario. Gli mostrai la foto di Ernesto soldato: Domenico affermò di riconoscere un volto visto proprio in quel contesto di prigionia ... ma la conferma non è possibile.
Quello che è certo che i due militari si trovarono nello stesso periodo internati nel Reserve–Lazaret di Zeithain, una specie di lazzaretto “campo ospedaliero” per prigionieri gravemente ammalati o infortunati, e perciò inabili al lavoro.
Condivisero le stesse sofferenze, soprattutto la fame, il cui ricordo è denominatore comune di tutte le testimonianze dei deportati nei campi nazisti. Nonostante le tribolazioni riuscirono fortunatamente a ritornare a casa, seppure debilitati e con un peso che si aggirava intorno ai 45 Kg.
Mio padre Ernesto, come pure Domenico, era stato catturato dai tedeschi in Grecia. Il comunicato dell'armistizio di Badoglio gli pervenne via radio alle 20 dell'8 settembre, quando era ancora ricoverato nell'ospedale militare di Agrinion per avere contratto una grave forma di malaria. Arrivò nel lazzaretto il 6 novembre 1943 e vi rimase per diversi mesi nei quali soffrì ancora periodicamente di forti crisi febbrili malariche, che venivano curate con medicinali ancora sperimentali. I malati malarici del Reserve Lazarett, tra cui anche mio padre, ho scoperto recentemente che nell'immediato dopoguerra furono oggetto di una ricerca medica per l'Istituto Superiore di Sanità ( laboratorio di malariologia) condotta dal tenente medico italiano Gabriele Gramiccia di Roma, che aveva lavorato nel “laboratorio” a Zeithain riservato ai malati malarici. Dopo la fine della guerra pubblicò parte della documentazione e dei referti medici che era riuscito a salvare.
Mio padre, come ho appreso dal diario, durante la permanenza al Reserve lavorò proprio in quel laboratorio, addetto alla trascrizione dei dati, incarico che gli venne dato per la buona calligrafia.
Nel diario Ernesto riporta il nome di due medici tedeschi che impietositi dalla sua condizione di salute, gli davano talvolta, di nascosto, un supplemento di cibo allo scarsissimo rancio. Cita pure il medico italiano Gramiccia, con cui invece non ebbe un buon rapporto.
Domenico Fusco, artigliere marconista, dopo la cattura avvenuta in un' isola del Dodecaneso (Scarpanto) in Grecia, arrivò a Zeithain nel febbraio 1944 come è evidente dal numero di matricola 277026 successivo di qualche migliaia di numeri rispetto a quello di mio padre. Poco dopo la cattura aveva subito un infortunio ad un testicolo, che necessitava di cure quotidiane. Ricordava tutto di quei momenti Domenico: i nomi dei compagni, persino il nome del medico italiano che lo curò, il tenente Giovanni Pica. La sua permanenza nel Reserve fu breve, circa un mese, trascorso il quale venne destinato al lavoro in fabbrica fuori dal lager, nei pressi di Lipsia, alla Mansfeld che produceva parti di aerei.
I campi di prigionia di Zeithain e Mühlberg (Stalag IV B) vennero liberati il 23 aprile 1945 da unità dell'Armata Rossa, esattamente 70 anni fa.
Il viaggio di ritorno per i nostri due militari fu lungo e travagliato. Mio padre presumo sia arrivato a casa a Reggio Emilia a fine giugno del '45, data scritta senza ulteriori dettagli nella copertina del diario, mentre Domenico poté riabbracciare i propri cari a Cescheto di Sessa Aurunca (Caserta) solo nel mese di settembre, quando lo si pensava oramai morto.
Proprio su Zeithain è in corso una ricerca storica condotta da un importante Istituto di storia piemontese. Sotto la lente i pezzi del diario di mio padre relativi alla permanenza nel lazzaretto, di cui ho dato disponibilità, mentre la video-testimonianza di Fusco, scomparso nel 2016, potrà essere utile a svelare altri particolari importanti nella ricostruzione del periodo in oggetto.
Ricordiamo che Domenico Fusco il 2 giugno 2014 presso il Palazzo del Governo a Latina ha ricevuto dall'ex Prefetto di Latina D'Acunto la medaglia d'onore, l'onorificenza concessa dal Governo Italiano ai cittadini italiani – civili e militari- e ove deceduti ai loro familiari che, dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, furono catturati e detenuti dai tedeschi nei lager nazisti, non accettando l’adesione alla R.S.I. o alle formazioni delle SS.
Nel 2012 l'onorificenza era stata conferita alla memoria di Ernesto Bonacini.
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