In ricordo di tutti gli ebrei deportati e uccisi nei lager nazisti riporto parte di un mio articolo su Shlomo Venezia, scomparso nel 2012.
Il 15 aprile del 2011 aveva portato la sua toccante testimonianza
anche ad Aprilia.
Gli studenti dell’I.C. “A. GRAMSCI” e
rappresentanti degli studenti delle scuole medie di Aprilia ebbero la possibilità di conoscere presso
l'Aula Consiliare del Comune di Aprilia questo grande personaggio, un
incontro dal profondo valore educativo.
Gli studenti avevano
assistito con grande commozione e lo
intervistarono ponendogli numerose domande.
Ebreo italiano era nato nel 1923 a
Salonicco in Grecia ove venne arrestato con la famiglia (mamma, un fratello e tre sorelle) e deportato nel campo di concentramento nazista
di Auschwitz-Birkenau, in Polonia. Giunse nel lager l'11 aprile 1944
dopo 11 giorni terribili di tradotta ferroviaria su di
uno dei treni dai vagoni piombati adibiti al trasporto degli ebrei.
All'arrivo al campo come è noto avveniva la crudele separazione nelle famiglie: gli
uomini da un lato e le donne con i bambini dall’altro.
Un
ufficiale delle SS selezionava attraverso un rapido sguardo i
prigionieri abili al lavoro indicando con il pollice “Links... rechts
!”, cioè “Sinistra... destra!”.
Era decisa così in un istante la sorte
degli ebrei deportati: da una parte il lavoro forzato nel campo,
dall’altra la morte nelle camere a gas.
Un ricordo
tragico indelebile nella memoria di Venezia, poiché da quel
momento non rivide più la mamma e le sorelle minori Marica e Marta.
Durante la prigionia Shlomo Venezia venne obbligato a lavorare nel
Sonderkommando, “unità speciale” composta da internati che lavoravano
nel Crematorio, con il terribile compito di rimuovere e cremare i corpi
degli ebrei uccisi nelle camere a gas.
Fu uno dei pochissimi
sopravvissuti, l'unico in Italia (una dozzina in tutto il mondo), che
svolsero questo compito disumano.
I nazisti non risparmiavano i componenti di queste “squadre speciali”, affinché non
rimanessero testimonianze di quegli orrori .
Venezia rimase circa 10 mesi a Birkenau, in quello che definiva
“l'ultimo gradino dell'inferno”.
Verso la fine del 1944, con l'avanzare
degli Alleati, si diradarono gli arrivi dei deportati e
venne dato l’ordine di smantellare i crematori.
Shlomo riuscì a salvarsi
la vita infiltrandosi tra iprigionieri che le guardie SS
trasferivano in altri campi.
Fu liberato dagli
Americani il 6 maggio 1945 a Ebensee, un sotto-campo di Mauthausen in Austria.
Malato gravemente trascorse poi 7 anni in sanatorio,
senza svelare lavera identità e provenienza,
facendosi chiamare Bruno.
Visse un silenzio che durò più di
40 anni, una grande sofferenza interiore ed un enorme senso di colpa, sentimento comune nei sopravvissuti
, che lui definiva la “malattia dei sopravvissuti”.
Nel 1992 volle reagire all' “oblio” della Shoah e cominciò a portare
instancabilmente la sua testimonianza sia in Italia che all'estero: era
per lui un dovere nei confronti della famiglia e di tutti gli ebrei
uccisi.
Amava soprattutto rivolgersi ai giovani nelle scuole,
accompagnato spesso dalla consorte, la dolce signora Mad irika.
Aveva poi raccolto
le sue memorie in un libro “Sonderkommando Auschwitz 182727”, tradotto in 24 lingue.
Memorabile fu il suo discorso, il 26 gennaio 2011, nella Giornata Internazionale della Commemorazione
delle vittime dell'Olocausto presso la sede dell'UNESCO a Parigi: “... Non è mai stato possibile
dimenticare, voltare pagina, vivere normalmente. Birkenau è
rimasto in me un peso che mi schiaccia e che mi impedisce di ridere, di
divertirmi, di essere come tutti gli altri.
Per molto tempo è stato impossibile per me raccontare quello che avevo
visto e vissuto nei Crematori di Auschwitz. Avevo l’impressione che le
persone non mi credessero e che mi avrebbero preso per matto. Ho dunque
preferito rimanere in silenzio fino al 1992, quando l’antisemitismo e il
negazionismo hanno ripreso a manifestarsi in Italia e ho sentito che
non potevo più tacere. Sentivo dire spesso che Auschwitz era una
leggenda, che gli ebrei mentivano...”.
E concluse con un monito : " É il nostro dovere, nostro, dei sopravvissuti,anche a nome di tutti i nostri cari scomparsi nella Shoah, chiedervi di non abbassare la guardia, chiedervi di impegnarvi a fare tutto quanto vi è possibile per preservare il mondo dal ripetersi di tali atrocità".
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