14 settembre 2018

80 ANNI FA LE LEGGI RAZZIALI : IL RICORDO DI SHLOMO VENEZIA deportato ad Auschwitz



In ricordo di tutti gli ebrei deportati e uccisi nei lager nazisti riporto parte di un mio articolo su Shlomo Venezia, scomparso nel 2012.
Il 15 aprile del 2011 aveva portato la sua toccante testimonianza anche ad Aprilia. 
Gli studenti dell’I.C. “A. GRAMSCI” e rappresentanti degli studenti delle scuole medie di Aprilia ebbero la possibilità di conoscere presso l'Aula Consiliare del Comune di Aprilia questo grande personaggio, un incontro dal profondo valore educativo. 
Gli studenti avevano assistito con grande commozione e lo intervistarono ponendogli numerose domande. 
 Ebreo italiano era  nato nel 1923 a Salonicco in Grecia ove venne arrestato con la  famiglia (mamma,  un fratello e tre sorelle) e deportato nel campo di concentramento nazista di Auschwitz-Birkenau, in Polonia.  Giunse nel lager l'11 aprile 1944 dopo 11 giorni terribili di tradotta ferroviaria  su di uno dei treni dai vagoni piombati adibiti al trasporto degli ebrei.

All'arrivo al campo come è noto  avveniva la crudele separazione nelle famiglie: gli uomini da un lato e le donne con i bambini dall’altro.
 Un ufficiale delle SS selezionava attraverso un rapido sguardo i prigionieri abili al lavoro indicando con il pollice “Links... rechts !”, cioè “Sinistra... destra!”. 
Era decisa così in un istante la sorte degli ebrei deportati: da una parte il lavoro forzato nel campo, dall’altra la morte nelle camere a gas.
Un ricordo tragico indelebile nella memoria di Venezia, poiché da quel momento non rivide più la mamma e le sorelle minori Marica e Marta. 
Durante la prigionia Shlomo Venezia venne obbligato a lavorare nel Sonderkommando, “unità speciale” composta da internati che lavoravano nel Crematorio, con il terribile compito di rimuovere e cremare i corpi degli ebrei uccisi nelle camere a gas. 
Fu uno dei pochissimi sopravvissuti, l'unico in Italia (una dozzina in tutto il mondo), che svolsero questo compito disumano. 
I nazisti non risparmiavano i componenti di queste “squadre speciali”, affinché non rimanessero testimonianze di quegli orrori . 
Venezia rimase circa 10 mesi a Birkenau, in quello che definiva “l'ultimo gradino dell'inferno”. 
Verso la fine del 1944, con l'avanzare degli Alleati, si diradarono gli arrivi dei deportati e venne dato l’ordine di smantellare i crematori. 
Shlomo riuscì a salvarsi la vita infiltrandosi tra iprigionieri che le guardie SS trasferivano in altri campi.
Fu liberato dagli Americani il 6 maggio 1945 a Ebensee, un sotto-campo di Mauthausen in Austria. 
Malato gravemente trascorse poi 7 anni in sanatorio, senza svelare lavera identità e provenienza, facendosi chiamare Bruno. 
Visse un silenzio che durò più di 40 anni, una grande sofferenza interiore ed un enorme senso di colpa, sentimento comune nei sopravvissuti , che lui definiva la “malattia dei sopravvissuti”. 
Nel 1992 volle reagire all' “oblio” della Shoah e cominciò a portare instancabilmente la sua testimonianza sia in Italia che all'estero: era per lui un dovere nei confronti della famiglia e di tutti gli ebrei uccisi. 
Amava soprattutto rivolgersi ai giovani nelle scuole, accompagnato spesso dalla consorte, la dolce signora Mad irika. 
Aveva poi raccolto le sue memorie in un libro “Sonderkommando Auschwitz 182727”, tradotto in  24 lingue.
Memorabile fu il suo discorso, il  26 gennaio 2011, nella Giornata Internazionale della Commemorazione delle vittime dell'Olocausto presso la sede dell'UNESCO a Parigi: “... Non è mai stato possibile dimenticare, voltare pagina, vivere normalmente. Birkenau è rimasto in me un peso che mi schiaccia e che mi impedisce di ridere, di divertirmi, di essere come tutti gli altri.
Per molto tempo è stato impossibile per me raccontare quello che avevo visto e vissuto nei Crematori di Auschwitz. Avevo l’impressione che le persone non mi credessero e che mi avrebbero preso per matto. Ho dunque preferito rimanere in silenzio fino al 1992, quando l’antisemitismo e il negazionismo hanno ripreso a manifestarsi in Italia e ho sentito che non potevo più tacere. Sentivo dire spesso che Auschwitz era una leggenda, che gli ebrei mentivano...”.
 E concluse con un monito :  "  É il nostro dovere, nostro, dei sopravvissuti,anche a nome di tutti i nostri cari scomparsi nella Shoah, chiedervi di non abbassare la guardia, chiedervi di impegnarvi a fare tutto quanto vi è possibile per preservare il mondo dal ripetersi di tali atrocità".


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