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Furono oltre 616.000 i militari che non accettarono di collaborare con i nazisti e vennero deportati nei campi di concentramento. Tra questi oltre 50.000 non sopravvissero e migliaia ne morirono al rientro in Italia.
Eroi inconsapevoli, gli IMI affrontarono con spirito di sacrificio e grande dignità il periodo della “prigionia”, sottoposti a turni di lavoro oltre le 12 ore al giorno ed a un’alimentazione insufficiente. Al rientro in Italia la loro posizione non fu subito chiara dato che in Germania avevano lavorato per i nazisti (seppure costretti). Molti preferirono tacere sui patimenti subiti cercando di dimenticare, considerando quel triste periodo un accessorio inevitabile della guerra.
Con legge n. 296 del 27 dicembre 2006 lo Stato italiano ha previsto per gli IMI, a titolo di risarcimento morale per la fedeltà alla Patria, la concessione di un’Onorificenza: la Medaglia d’Onore, concessa agli aventi diritto tramite decreto del Presidente della Repubblica.
Elisa Bonacini presidente dell’associazione “Un Ricordo per la pace” ha voluto condividere un commovente stralcio di una lettera scritta dal papà Ernesto nel 1946 all'ANEI, associazione ex internati italiani. Anche Ernesto fu catturato dai tedeschi ed internato poiché malarico nel Reserve Lazarett di Zeithain, in Germania. È il NO al nazismo di un soldato italiano in fin di vita nel campo “ospedaliero” per soldati gravemente malati ed inabili al lavoro. Per non dimenticare.
Reserve Lazzarett Zeithain, febbraio 1944 : “...Passai per una baracca di malati gravi di tisi (ndr :tubercolosi), uomini che avevano i giorni contati. Mi avvicinai ad un compagno intento ad osservare una fotografia. Era, come mi disse, della mia classe: 1923.
Con occhi che non avevano più luce guardando una piccola foto rispondeva a quanto io domandavo. Pure immaginando la risposta volli chiedere chi fosse quella donna (per esperienza sapevo il valore di una parola di un amico in quelle circostanze).
“ Mia madre è !“ mi rispose. In un attimo davanti a me vidi una donna sulla soglia di una casa nella disperata attesa di chi non può ritornare.
“Opta!” gli dissi, con la speranza di poter ridare un figlio ad una madre. Abbassai lo sguardo per non incontrare il suo.
“No!” mi rispose con una voce che non era quella di uno che stava per morire. Dopo 11 giorni quel ragazzo venne portato alla pineta. E non fu il solo.”
(immagine del Reserve Lazzarett Zeithain da ISTORETO - Torino)
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