28 novembre 2018

Ennio Borgia, sopravvissuto al KZ di Dachau grazie all'appello a “Chi l'ha visto?” ha incontrato i fratelli di Osvaldo Fiata suo“protettore” nel lager. Il commovente abbraccio ad Aprilia




di Elisa Bonacini
 Fu   grazie all'appello della nostra associazione al programma di Rai 3 “Chi l'ha visto?” che Ennio Borgia nel febbraio 2012 ha potuto conoscere  i fratelli del suo più caro compagno di prigionia nel lager nazista di Dachau in Germania: Osvaldo Fiata.
Osvaldo Fiata militare negli anni 40
Maria Paola ed Osvaldo Fiata (omonimo del fratello scomparso), nati nel dopoguerra, sono venuti ad Aprilia con alcuni parenti e nipoti spinti dal grande desiderio di conoscere, attraverso i ricordi di Ennio,  quello che fu il destino del povero fratello. Il giovane compagno di prigionia ebbe una sorte peggiore rispetto a quella di Ennio, poiché morì a Dachau, probabilmente nei giorni che precedettero la liberazione del campo.
I  Fiata hanno raccontato: “E' indescrivibile l'emozione che abbiamo provato quando nel corso della trasmissione del 1 febbraio, abbiamo sentito pronunciare il nome di nostro fratello. Nella nostra famiglia lo abbiamo sempre ricordato con grande dolore. Abbiamo tentato diverse volte in tutti questi anni di avere sue notizie, ma ogni nostra ricerca è stata vana”.
Osvaldo era un ex militare che dopo l'8 settembre 1943 venne deportato sfortunatamente, non nei campi di concentramento riservati ai militari, ma a Dachau, uno dei lager nazisti più temibili della Germania, dove migliaia di prigionieri di diverse nazionalità morirono a causa della denutrizione, delle sevizie e delle malattie che contrassero in quelle condizioni di estrema promiscuità.
I disabili mentali e fisici e gli ammalati gravi, non più produttivi dal punto di vista lavorativo, venivano immediatamente uccisi e cremati nei forni del campo.
Ennio Borgia nel 1944
Fu in quel clima di terrore che il sedicenne Borgia nella baracca 25, in cui c'erano moltissimi italiani, strinse un fraterno rapporto d'amicizia con  il giovane Osvaldo Fiata, classe 1922, di Roma.
“Osvaldo fu per me un vero protettore” - ha affermato Ennio - , “ mi difese da tutte le prepotenze che avrei potuto subire nel campo da parte di altri prigionieri, ed anche dalle violenze sessuali. Imparai da lui come sopravvivere. Non c'era la possibilità di pensare al domani, ma giorno per giorno si cercava di tirare avanti.”
Con il sovraffollarsi del lager dovuto all'arrivo di prigionieri evacuati da altri campi nei mesi che precedettero la liberazione (avvenuta con l'intervento degli americani il 29 aprile 1945), Ennio ed Osvaldo vennero divisi, e non si incontrarono più.
“Dovete essere orgogliosi di vostro fratello! Sarà sempre nel mio cuore, finché sarò vivo lo ricorderò sempre.” ha dichiarato con grande emozione Ennio.
Sebbene l'amarezza sia ancora grande, le parole di Ennio hanno rincuorato la famiglia Fiata.    Osvaldo Fiata, morto a soli 23 anni a Dachau, seppe infatti mantenere intatte la sensibilità e la solidarietà verso il prossimo, valori non comuni in quel contesto drammatico dove l'egoismo sembrerebbe l'unica arma di difesa e di sopravvivenza.

Osvaldo Fiata a Roma negli anni 40

Ennio Borgia dopo la liberazione


27 novembre 2018

Giuseppe Perasso Internato Militare nello Stammlager XXII F: la Medaglia D'Onore per aver detto NO al nazismo

di Elisa Bonacini

E nelle giornate di lavoro che sembrano più inutili arriva questo materiale. Il giorno precedente la telefonata da Lucca del nipote Lorenzo Alberigi. Ha fatto richiesta della Medaglia d'Onore in memoria del nonno materno Giuseppe Perasso e vorrebbe avere informazioni sulle date di consegna. L’onorificenza viene consegnata presso le Prefetture italiane due volte l’anno, durante le cerimonie del 27 gennaio e del 2 giugno Festa della Repubblica; è conferita dal Presidente della Repubblica ai cittadini italiani, militari e civili che dopo l’armistizio dell'8 settembre 1943 rifiutarono di aderire alle formazioni naziste e pertanto vennero catturati dai tedeschi e internati nei lager, destinati a lavoro coatto per l'economia di guerra della Germania.
Visto l’esiguo numero di ex IMI viventi  l’onorificenza può essere richiesta anche dagli eredi.

Come si evince dal foglio Matricolare, il Caporal Maggiore Giuseppe Perasso, classe 1912, al 24 dicembre 1940 si trovava già sul fronte greco, incorporato nel 231° Reggimento Divisione Brennero.
Catturato dalle truppe tedesche l'8 settembre 1943 sopravvisse alla prigionia nello Stammlager XXII F nei pressi di Forbach (nella Mosella annessa al Terzo Reich, ora in Francia), quindi vicino a Sarrebourg. Il campo fu attivo dal 15 novembre 1940 al 9 dicembre 1944; venne poi trasferito a Freinsheim, in Germania, dove rimase in funzione fino al 1945. (su Stammlager XXII F da Wikipedia)
Tornò in Italia nell'estate del 1945, presentandosi al Distretto Militare di Massa  il 29 agosto 1945.
Bello che il nipote, un giovane, si interessi della storia famigliare, i cui resti di vita restano spesso al buio nei cassetti di qualche scrivania. Scoprire, quasi tangibile in quei documenti conservati gelosamente, il passato doloroso di Giuseppe nella guerra e poi nella  prigionia nel  campo di concentramento, pagando sulla pelle il NO al nazismo dopo l'8 settembre 1943, l'armistizio che lasciò allo sbando i nostri soldati sui vari fronti.
Orgoglioso Lorenzo del nonno, dei rari racconti  sulle sue ginocchia che parevano allora tratti da libri d'avventura ed invece assolutamente reali, ricordi indelebili al trascorrere del tempo.
Commovente la cartolina di Giuseppe (Pino) alla moglie, lui prigioniero in Germania. Chiede scusandosene "qualcosa da mettere sotto i denti, immaginerai il perchè", qualche indumento personale, i fazzoletti nuovi, lamette da barba... non sa che il bambino più piccolo non c'è più, a causa di una polmonite.
Si intuisce tra quelle righe l'ansia, la preoccupazione di un uomo per la famiglia lasciata allo sbando, senza la sua protezione.
Grazie Lorenzo per aver voluto condividere con noi questi ricordi. 
Ricordare è rendere onore e giusta memoria a chi tanto soffrì per una guerra non voluta dal popolo, ma cui nessuno potè sottrarsi, se non a gravi conseguenze. 

Maledetta sia la guerra in ogni tempo!

a seguire la lettera di Lorenzo Alberigi al Comitato riconoscimenti ex IMI con la richiesta della Medaglia.

Bagni di Lucca, 10 novembre 2018

Alla cortese attenzione del comitato per la concessione di una medaglia d’onore ai cittadini italiani deportati e internati nei lager nazisti

Salve,

il mio nome è ALBERIGI LORENZO, nipote dell’ormai defunto PERASSO GIUSEPPE.

Assieme alla documentazione da Voi richiesta ho voluto scrivere questa mia lettera che vuole soltanto essere un piccolo omaggio a mio nonno, una persona che avrei voluto poter conoscere meglio e che per quello che posso vorrei raccontarVi.

Mio nonno, Giuseppe Perasso, classe 1912, era una persona a cui ero molto affezionato. Lo ricordo molto calmo, molto preciso (ancora oggi ricordo con un sorriso quando brontolava mio padre, suo genero, per la sua sprecisione nel riporre gli attrezzi in cantina dopo aver fatto un lavoro!). Aveva una grande passione nel costruire in legno repliche in scala di velieri storici (Amerigo Vespucci, H.M.S. Victory e molte altre), tanto da riuscire a trasmetterla a mio padre e lui a me. Era una persona molto semplice e come ogni “vecchietto” amava andare al parco della sua città e ritrovarsi con i suoi coetanei per dibattere sulle notizie dei quotidiani, sui lavori in corso nella città e su chissà quali altri argomenti!

Abitavamo distanti quindi non ci siamo mai visti granchè. Forse proprio per quello ero molto affezionato a lui e ogni volta che andavamo a La Spezia a trovarli o venivano loro da noi, ero uno dei bimbi più felici del mio paese! Ho pochissimi ricordi di lui, molti dei quali raccontati dai miei genitori, sorelle, zii e dalle tante foto che, grazie a Dio, all’epoca andavano tanto di moda! Due ricordi però li ho ben stampati in testa e credo che non li dimenticherò mai.

Il primo è di quando mi veniva a trovare al mio paese e andavamo in un piccolo parco giochi vicino casa e insieme raccoglievamo pinoli, l’altro ricordo invece è di un giorno, a casa sua, quando mi raccontò del suo viaggio in Africa. Immaginate un bambino, sulle ginocchia del nonno, mentre questi gli racconta di incontri con scimmie, animali enormi, leoni, di aver conosciuto molte persone, amici e compagni di viaggio. Per me era come se mi raccontasse la storia di un avventuriero. Ero incantato.

Solo anni dopo, ormai grande, capii che i suoi racconti non si riferivano a viaggi di piacere fatti con amici, ma bensì ad una parte della sua vita molto triste che lui teneva per se. A quel punto avrei avuto 10… 100… 1000 domande da fargli ma ormai era troppo tardi. Provai a chiedere sia a mia mamma che a mio zio anche loro essendo nati nel dopoguerra ne sapevano poco più di me. In casa non ne aveva mai voluto parlare con nessuno. Magari nonna ne sapeva di più ma nessuno si sarebbe mai azzardato a chiederle cose del genere.

Anni dopo purtroppo mori anche mia nonna. Fra le sue cose trovammo una vecchia scatola di latta. Aprendola trovammo i documenti militari del nonno, lettere spedite a mia nonna dalla prigionia, foto di lui con i commilitoni, medaglie delle campagne e anche una croce al merito di guerra concessagli dall’esercito nel 1960, per il periodo di prigionia in Germania durante la guerra, da lui ben spillata al suo attestato.

Leggendo le lettere rimasi incredulo quando mia mamma si accorse di un particolare;

in una lettera, datata 15/01/1944 lui scrive a mia nonna “mandami anche una tua foto e quella del bimbo” . Il particolare di cui si accorse mia madre era che il bimbo (che di nome faceva Gianfranco) di cui mio nonno chiedeva la foto, in realtà era già morto prima di quella data per una polmonite. Lui lo saprà solo al suo rientro a casa dalla prigionia oltre un anno e mezzo dopo.

Alla luce di questo, appena sono venuto a conoscenza di questa Vostra iniziativa, mi sono subito messo in moto per reperire le informazioni che mi servivano da mia mamma e da mio zio (gelosi custodi di foto e documenti!). Tramite le informazioni contenute in quei documenti sono riuscito a riempire i moduli per la richiesta della medaglia scaricati dal Vostro sito, assieme ai quali Vi allego anche copia delle lettere inviate dalla prigionia cosicché anche voi possiate prenderne visione, e anche copia della documentazione da cui ho tratto tutte le informazioni da Voi richieste.

A nome di tutta la mia famiglia Vi ringrazio del lavoro che state facendo nella speranza che serva alle future generazioni a non dimenticare tutte quelle persone che con il loro coraggio hanno combattuto per quello in cui credevano.

Speriamo di avere presto Vostre notizie.

Distinti saluti

Alberigi Lorenzo

Famiglia Perasso

Famiglia Alberigi









17 novembre 2018

MEDAGLIA D’ONORE IMI prossime consegne 27 gennaio Giornata della Memoria


di Elisa Bonacini

Poco più di due mesi al 27 gennaio Giornata della Memoria: l’Associazione “Un ricordo per la pace” rinnova l’invito agli aventi diritto a richiedere la Medaglia d’Onore IMI (Internati Militari Italiani).
L’onorificenza viene consegnata presso le Prefetture italiane due volte l’anno, durante le cerimonie del 27 gennaio e del 2 giugno Festa della Repubblica; è conferita dal Presidente della Repubblica ai cittadini italiani, militari e civili che dopo l’armistizio dell'8 settembre 1943 rifiutarono di aderire alle formazioni naziste e pertanto vennero catturati dai tedeschi e internati nei lager, destinati a lavoro coatto per l'economia di guerra della Germania. Visto l’esiguo numero di ex IMI viventi si ricorda che l’onorificenza può essere richiesta anche dagli eredi.
Dal 2011 l’associazione apriliana sta portando avanti il progetto “MEMORIA AGLI I.M.I” ed ha raccolto diverse testimonianze di ex internati e reduci di guerra realizzandone alcuni documentari.
Grazie all’impegno di “Un ricordo per la pace” sono state finora conferite a cittadini apriliani ben 14 medaglie, un vero orgoglio per Aprilia!
Si stimano oltre 616.000 i soldati italiani che dopo l’armistizio dell’Italia, rifiutando di continuare la collaborazione con i tedeschi, furono catturati e deportati nei campi di concentramento nazisti. Il loro status non fu quello di prigionieri di guerra bensì di “internati militari”, abile stratagemma per sottrarli alla tutela della Croce Rossa Internazionale. Eroi inconsapevoli i soldati italiani affrontarono con spirito di sacrificio e grande dignità il periodo della “prigionia”. Considerati dai tedeschi “traditori” furono obbligati a svolgere lavori particolarmente pesanti e pericolosi, esposti al rischio dei frequenti bombardamenti. A costo della propria vita gli Internati Militari Italiani mantennero fede al giuramento fatto alla Patria, allora Regno d'Italia. Solo una piccolissima percentuale, spinta dagli stenti e dalle continue vessazioni, optò a favore dei tedeschi. Più di 50.000 ne morirono in quei campi, per lo più di fame e malattie contratte a causa di carenze nutrizionali ed igieniche. Migliaia di IMI morirono al rientro in Italia.
Per richiedere la Medaglia d'Onore è necessario compilare e spedire, tramite raccomandata, una modulistica scaricabile dal sito internet del Governo Italiano - Medaglia d'Onore I.M.I. allegando le documentazioni di cui si è in possesso: foglio matricolare, lettere dal lager etc, che testimonino l'internamento nei campi di concentramento nazisti dopo l'8 settembre 1943.
Per informazioni ed assistenza rivolgersi all'Associazione “Un ricordo per la pace” : cell. 3280751587 ; e-mail el.bonacini@gmail.com

11 novembre 2018

Aprilia:Commemorazione del 4 novembre 1918, cento anni dopo


Si è tenuta ad Aprilia nella mattinata di domenica 11 novembre la commemorazione del 4 novembre Giorno dell’Unità nazionale e delle Forze Armate.
La ricorrenza quest’anno nel centenario della data in cui l’Italia annunciava vittoriosamente, a seguito dell’armistizio di Villa Giusti,  la fine della guerra con l’impero austro ungarico.
La manifestazione celebrativa organizzata dal Comune di Aprilia ha visto il raduno in Piazza Roma delle Associazioni Combattentistiche e d’Arma; a seguire la Santa Messa presso la Chiesa di San Michele Arcangelo e Santa Maria Goretti. Il corteo delle autorità e delle associazioni si è poi recato al Monumento di Piazza della Repubblica ove è stata deposta una corona d’alloro in memoria dei Caduti. La cerimonia commemorativa si è conclusa presso la Sala Consiliare "Luigi Meddi" con i saluti del Sindaco Antonio Terra ad associazioni e cittadinanza.
Esposti simbolicamente in sala alcuni cimeli della prima guerra mondiale appartenenti alla collezione Bonacini denominata “Un ricordo per la pace” come l’omonima associazione: la bandiera del Regno d'Italia, l’elmetto di un milite artigliere, il cappello dell'alpino e la “vaira” dei bersaglieri, i cosiddetti fanti piumati; una rosa rossa avvolta dal nastro tricolore quale omaggio per tutti i Caduti.
Nel discorso del Sindaco, oltre al ricordo di quanti hanno combattuto per l’unità d’Italia, ampio risalto è stato dato al contributo della Croce Rossa  e delle crocerossine nella Grande Guerra.
L’Ispettrice Sorella Gisella Scalet è intervenuta illustrando l’origine della Croce Rossa ed il prezioso ruolo delle crocerossine nel primo conflitto mondiale.
Il giovane consigliere Federico Cola ha letto il “Bollettino della Vittoria” del generale Armando Diaz. Proiettato un breve video con la toccante testimonianza di un reduce.

(foto e testo Elisa Bonacini)







l'assessore alla cultura Elvis Martino





7 novembre 2018

“LA CANZONE DI DACHAU” - Jura Soyfer

di Elisa Bonacini



Scritta nel 1938 durante la prigionia a Dachau e musicata da Herbert Zipper, compagno di prigionia.

Quando cominciai ad interessarmi di deportazione nei campi nazisti me ne innamorai. 

La inclusi nel mio video-testimonianza di Ennio Borgia, deportato a 16 anni a Dachau.
Sarà anche nel libro a lui dedicato, che sto ultimando.

Un inno ai compagni di prigionia a non lasciarsi sopraffare e abbrutire dal lavoro bestiale per riconquistare la dignità di uomini, lesa dalla barbarie nazista. 

Resistere oltre la disperazione con orgoglio fino all'ultimo appello, quando le porte del lager si apriranno alla libertà, qualunque essa sia. 


Per non dimenticare.


Filo spinato carico di morte
è teso intorno al nostro mondo.
Sopra, un cielo senza pietà
manda gelo e raggi roventi.

Lontani da noi son tutti gli amici,
lontana è casa, lontane le donne
quando muti marciamo al lavoro,
a migliaia sul far del giorno.

Ma abbiamo imparato la parola d’ordine di Dachau
e l’abbiamo rispettata rigorosamente.
Sii un uomo, compagno,
rimani un uomo, compagno.
Fa’ tutto il lavoro, sgobba, compagno,

poiché il lavoro, il lavoro rende liberi.

Con addosso la canna dei fucili
noi viviamo notte e giorno.
La vita qui è per noi una lezione
più dura di quel che mai pensavamo.
Nessuno più conta giorni e settimane,
molti più nemmeno gli anni.
E poi tanti sono distrutti
e hanno perso il loro aspetto.

Ma abbiamo imparato la parola d’ordine di Dachau
e l’abbiamo rispettata rigorosamente.
Sii un uomo, compagno,
rimani un uomo, compagno.
Fa’ tutto il lavoro, sgobba, compagno,
poiché il lavoro, il lavoro rende liberi.

Porta via la pietra, tira la carriola,
nessun carico ti sia troppo pesante.
Quel che eri in giorni lontani
oggi non lo sei più da tempo.
Pianta la vanga nel terreno.
seppelliscici dentro la pena,
diverrai nel tuo sudore
anche tu pietra ed acciaio.

Ma abbiamo imparato la parola d’ordine di Dachau
e l’abbiamo rispettata rigorosamente.
Sii un uomo, compagno,
rimani un uomo, compagno.
Fa’ tutto il lavoro, sgobba, compagno,

poiché il lavoro, il lavoro rende liberi.

Una sola volta chiamerà la sirena
all’ultimo appello di conta.

Fuori dunque, dove siamo,
compagno, tu sei presente.
La libertà ci sorriderà serena,.....

si va avanti con nuovo coraggio.
E il lavoro che facciamo,
questo lavoro, diventa buono.



(Foto da internet)

4 novembre 2018

Giuseppe Bonacini : La testimonianza di Osvaldo compagno d'armi nei V.C.A.


Copertina dell'album dei V.C.A.

La testimonianza di Osvaldo, compagno d'armi nei V.C.A.

Attraverso le parole del carissimo amico Osvaldo, “ compagno d'armi” (il cui cognome mi è ignoto), tratte da un articolo da lui scritto nel marzo 1961 su un giornale di Reggio Emilia pochi giorni dopo la morte, la descrizione di mio nonno Giuseppe Bonacini e qualche ricordo di quei giorni condivisi negli aspri combattimenti sulle Alpi Venete.

<<Peppino era un emiliano, un tipo gioviale,un carattere forte, un animo generoso, un fisico robusto, un cuore semplice e puro.
“La sua caratteristica essenziale”così mi scrive il caro amico Maurizio da Gualdo Tadino “ era già indicata nel suo nome: la bontà, e la generosità. Certo, io credo il più generoso di quanti conobbi nel battaglione. Mi ricordo quandosi caricava anche dello zaino dell'eroico, ma fisicamente debole Manfredi, il mazziniano...”.
Come era premuroso e gentile verso gli amici, così era fermo e deciso nelle azioni guerresche.
E spingeva in sella i ritardatari ed aiutava in ogni modo i commilitoni.
E quante premure ebbe sempre per me!
Ricordo il suo allarmato accorrere quando, sul Costone dell'Altissimo uno shrapnel scoppiò
proprio sulla mia testa: Avevo sentito tambureggiare i pallini sulle foglie e sulle rocce, tutto intorno a me. “Osvaldo, sei ferito?” ansimo'. Io intanto mi tastavo una gamba, dove avevo sentito la percossa di un botto, nei calzoni avevo un foro: la pallottola la trovai l'indomani, affondata nella calza di lana. 
Un giorno, sempre a Dosso Casina, noi due eravamo stati distaccati di pattuglia oltre la linea, quando giunse il primo rifornimento di viveri: il Battaglione ne era privo da un paio di giorni. 
Al nostro rientro, più nulla era rimasto dei viveri. Noi eravamo morti di fame, fummo autorizzati ad andare a rifornirci nella lontana seconda linea.
A braccetto, un poco barcollando, tornammo dal sergente Pagano che, verso Redecol, dirigeva i servizi : “Date due gamelle di vitto a questi due! “ ordinò Pagano. Che scorpacciata facemmo! 
Infilammo poi alcune pagnotte in un bastone e tornammo tosto tosto in linea. 
Un capitano degli Alpini, notandoci sulla esposta mulattiera mentre le artiglierie del Brione ci avevano chiaramente presi di mira, ci aveva raggiunti e rimproverati.
“Ma signor Capitano”, aveva risposto Peppino, “siamo mezzo morti di fame!”
 E quando ci arruolammo per la seconda volta nei V.C.A., in Piazza S. Angelo (n.d.r. a Reggio Emilia) io e Adami firmammo l'arruolamento anche a nome di Peppino. E l'indomani, recatici a Reggio, Peppino lietamente ci ringraziò:” Avrei voluto vedere se eravate capaci di partire senza di me!”.
In seguito, dopo un breve periodo a Pesaro, fece domanda per frequentare il corso allievi ufficiali e partì per Laveno, dove lo rividi qualche mese più tardi, in occasione di una mia licenza.
Non appena nominato Aspirante, Peppino volò a Pesaro per trascorrere qualche giorno con noi.
Poi andò al fronte. Nel maggio 1917 fu ferito a Castegnovizza,, ma nel mese di giugno raggiungeva il 1° Battaglione Bersaglieri Ciclisti, in zona di guerra
Nel giugno 1918 fu nuovamente ferito in modo grave da una bomba a mano in una coscia. (Lo vide trasportare in barella il nostro povero Carletto Rocca, che era tra i rincalzi). Abbisognò di lunghe cure :si può dire dovesse ad ogni medicazione subire il raschiamento dell'osso. “E' un santo” disse allora la suora che l'assisteva.
Nella seconda guerra mondiale, sebbene mutilato, ebbe funzione di comando del Distretto Militare di Reggio Emilia.

Maggiore Giuseppe Bonacini
Giuseppe Bonacini venne decorato con medaglia d'argento al V. M., con la seguente motivazione: “Durante un intenso bombardamento col suo contegno calmo e risoluto incitava i propri dipendenti alla resistenza. Rimasto ferito abbastanza gravemente al viso da schegge di bombe a mano, si allontanava dalla linea solo dopo ripetuti ordini del Comandante della Compagnia”. (Castegnovizza, 26. 5. 1917).

Una seconda medaglia d'argento al V.M. ebbe la seguente motivazione: 
“Comandante di un plotone, lo conduceva al contrattacco, incitando con l'esempio e con la parola. Assaliva poi d'impeto un gruppo di nemici, affrontando con sprezzo del pericolo, il loro violento tiro di fucileria e di bombe a mano. Rimasto ferito, continuava ad incitare alla resistenza i dipendenti”.(Sasson Piave, 20. 6. 1918).>>




3 novembre 2018

ASSOCIAZIONE "UN RICORDO PER LA PACE": NEL CENTENARIO DELLA VITTORIA I PROGETTI PER LE SCUOLE DI APRILIA

 CONFERENZE STORICHE, UNA MOSTRA ITINERANTE SULLA GRANDE GUERRA E L'ESPOSIZIONE “APRILIA IN GUERRA: LA BATTAGLIA DI APRILIA” 

Nel centenario della vittoria dell'Italia nella prima guerra mondiale continua il  progetto dedicato alle scuole di Aprilia e della regione Lazio.  Proprio in questi giorni l'Associazione sta sottoponendo all'attenzione dei Dirigenti Scolastici di Aprilia i suoi progetti, tra cui la mostra itinerante sulla Grande Guerra . 
Se concordate con la Dirigente dell'istituto ospitante, il Liceo A. Meucci di Aprilia, speriamo sia possibile organizzare visite guidate per piccoli gruppi all'esposizione storica “UN RICORDO PER LA PACE” sul tema “APRILIA IN GUERRA: LA BATTAGLIA DI APRILIA” . 
La mostra, patrocinata dal Comune di Aprilia è ubicata dal 2008 in sede provvisoria presso il Liceo “A.Meucci” di Aprilia, che tuttavia dal 2016 ne ha richiesto la rimozione. 



Saranno proposte agli Istituti scolastici  conferenze sulla storia d'Italia con la disponibilità di importanti relatori, tra cui il Generale Prof. Massimo Coltrinari, da anni prezioso collaboratore di “Un ricordo per la pace”; continuerà la divulgazione delle tematiche legate alla deportazione ed all'internamento dei militari italiani nei campi nazisti durante la seconda guerra mondiale. Compatibilmente con le sue condizioni di salute, saranno organizzati incontri delle scolaresche con il cittadino apriliano Ennio Borgia, deportato per motivi politici all'età di soli 16 anni nel campo di Dachau e la proiezione del filmato testimonianza “ENNIO BORGIA 69791 : UN SOPRAVVISSUTO A DACHAU” realizzato nel 2011 da “Un ricordo per la pace”.
Il video ha ottenuto il logo ufficiale del 70° Anniversario della Resistenza e della Guerra di Liberazione.


Anche il progetto di mostra itinerante sulla Grande Guerra si onora della concessione del logo ufficiale del Governo Italiano per le commemorazioni del Centenario della Grande Guerra (1914- 1918) rientrando nel programma di iniziative curato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Struttura di Missione per gli Anniversari di interesse nazionale. 
Nello specifico il progetto prevede l'allestimento temporaneo di reperti della Grande Guerra, la proiezione del video “4 NOVEMBRE: LA GRANDE VITTORIA ITALIANA” e delle immagini tratte dall'album “Impressioni di guerra” di Giuseppe Bonacini (Reggio Emilia 1892-1961), volontario agli esordi della Prima Guerra Mondiale nel Battaglione Lombardo dei Volontari Ciclisti Automobilisti (V.C.A), un'organizzazione para-militare costituita da volontari civili per la difesa della Patria. Tra loro molti personaggi del movimento Futurista, tra cui il fondatore Filippo Tommaso Marinetti.






Negli scatti fotografici di straordinaria bellezza è evidente la volontà di comunicare ai posteri la mitica impresa, ma con una grande ironia e nello spirito cameratesco del gruppo. Un documento storico raro che dopo cento anni è tornato alla luce per essere condiviso pubblicamente, in memoria di quei giovani che con tanto coraggio diedero il proprio contributo per liberare l'Italia dall'oppressione straniera.
Elisa Bonacini presidente dell'Associazione “Un ricordo per la pace” ha curato la pubblicazione delle fotografie nel volume “IMPRESSIONI DI GUERRA - L'ardore patriottico dei Volontari Ciclisti Automobilisti del 1915 “ esposto nel 2015 al 28° Salone Internazionale del Libro di Torino.
L'Associazione “Un ricordo per la pace” auspica il sostegno delle istituzioni, ma conta anche sulla sensibilità di imprenditori e aziende locali. Un aiuto che, se arriverà, permetterà di portare a termine tanti progetti importanti che a malincuore sono stati accantonati.
Gli Istituti d'Istruzione interessati alla mostra itinerante ed i gruppi interessati alla visita guidata all'esposizione storica, da concordare con largo anticipo previa autorizzazione del Dirigente del Liceo "A. Meucci"  possono contattare l'Associazione “Un ricordo per la pace” alla e-mail di Elisa Bonacini: "el.bonacini@gmail.com ; cell. 3280751587.






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1 novembre 2018

Dal "diario di guerra" di Ernesto Bonacini, l'addio del fratello Dante in partenza per il fronte russo nel 1943

le divise di Giuseppe e Dante Bonacini
Dal "diario di guerra e prigionia" di mio padre Ernesto, il ricordo dell'addio del'unico fratello Dante, allora novello Sottotenente. È il giorno della  partenza per il fronte russo, 9 settembre 1942, incorporato Dante nel VI Bersaglieri Divisione Celere.

Nella foto a destra (nella  sezione italiana dell'esposizione "Un ricordo per la pace" di Aprilia) a fianco a quella del padre, mio nonno Giuseppe Bonacini, è la divisa del figlio Dante. Ai tempi Maggiore nel Distretto Militare di Reggio Emilia nonno Giuseppe ne aveva disposto la partenza per il fronte russo, ove Dante morì nel 1943, a soli 21 anni.
Alla partenza Dante lasciò sul letto la "divisa migliore", triste presagio del non ritorno.

Nel diario di guerra mio padre Ernesto, allora in Grecia, rievoca quei momenti.
Dante Bonacini
 Voglio condividere con voi queste righe; non so se mio padre, schivo e riservato com'era nel manifestare i sentimenti, avrebbe approvato, ma mi sento di farlo perché le lacrime versate su quella divisa sono le stesse lacrime amare di tutti coloro che in ogni tempo dovettero assistere impotenti alla partenza di un proprio caro per la guerra ed un futuro ignoto.

Ernesto scrisse ignaro della morte del fratello che, sulla base di una recente ricerca, sarebbe avvenuta il 19 febbraio 1943. 





"Agrinion (Grecia), 1/8/1943.
“Mai nella mia vita come in questi giorni sento il desiderio di vivere isolato.
La solitudine è ora divenuta la mia compagna migliore. (...)
L'attività dei passati mesi non ha dato modo di pensare a tante piccole cose che ora tanto mi rattristano e mi donano attimi di gioia. A casa ora il mio pensiero si rivolge più spesso, Dante è sempre presente in me e certe volte ricordandolo i miei occhi ne lacrimano.
Questa sera ho avuto la netta impressione di rivederlo, partente per la guerra. (...) Ma il giorno dell'addio avvenne, e fu il 9 settembre del 1942. Quel giorno ritornando a Casalecchio trovai la casa più squallida mentre un forte odore di mobilia mi avvolse.
Nella nostra stanza, trovai sul tuo letto la tua divisa migliore. Ebbi un attimo di tale abbandono che mi accasciai sul tuo letto per piangere. Solo la tua divisa conobbe il mio grande dolore.
La sera stessa ripartii nuovamente per Reggio. Ero moralmente tanto cambiato. Dinanzi a me, simile a fissazione eri tu, il lungo treno, i tuoi bersaglieri, mentre le note di quella marcia che sempre canterellavi mi straziava l'animo. Come non mai sentivo il desiderio di averti vicino, mentre nel ricordo ritrovavo tutti i tuoi saggi consigli.”

Grecia 1943 Ernesto Bonacini al centro della foto seduto a terra