7 febbraio 2021

Luigi Adolfo Merello Medaglia Onore IMI. il camionista meccanico che sopravvisse alla prigionia in Germania





Il ricordo del figlio Flavio


Nato da una famiglia poco abbiente nella periferia genovese, mio padre Luigi Adolfo Merello

poco più che ventenne venne chiamato a partecipare alla Campagna d' Africa negli anni '35-'37 in 

Somalia ed Etiopia come autiere, trasportando al fronte munizioni e bombe necessarie all'esercito 

italiano, fu un periodo difficile, mise a repentaglio la sua vita e lasciò la sua famiglia

 bisognosa della sua sussistenza.                 

L'esercito italiano era mal fornito e poco addestrato, fu molto difficile portare a termine

quest'impresa volta a mettere fine a questo periodo colonialista.

Conclusa questa esperienza tornò a casa e ricominciò da zero, lavorando per sostentare come

camionista con ottime esperienze meccaniche,capacità che poi inaspettatamente potettero

salvargli la vita in Germania.

Scoppiò la seconda guerra mondiale e venne richiamato in Albania dove combatterono e

raggiunsero poi il fronte greco-albanese dove ebbero assoluto bisogno dell'intervento delle

truppe tedesche per avanzare nell'intento dell'esercito italiano sotto comando fascista,una volta

giunti in Grecia fecero base a Lania laddove mio padre continuava a prestare servizio come

camionista rifornendo l'esercito e guidando il camion munito di faro antiaereo, che essendo uno

dei primi bersagli durante i combattimenti, fingeva avesse dei malfunzionamenti per potersi

salvare la vita.

Arrivò l'8 settembre 1943,data in cui Badoglio firmò l'armistizio e gli italiani senza nemmeno

saperlo si trovarono in preda agli ex alleati che ormai erano divenuti nemici,gli venne comunicato

che la guerra era finita e che potevano tornare a casa,sembrava un momento di festa,la fine di

tutto ed invece,era solo l'inizio.

L'esercito tedesco sequestrò le armi agli italiani e li scortarono verso tradotte ferroviarie

dicendo loro  che  li avrebbero riportati a casa, ma una volta fatti salire sui vagoni,li chiusero

ermeticamente e li portarono prigionieri in Germania.

Mio padre fu destinato a una cittadina sulla Rhur chiamata Iserlhon, precisamente a stadt in un

quartiere industriale della città,la sua esperienza da meccanico e autista gli permise di essere

destinato a lavorare in un'officina a tornio e fresa dove lavorava pezzi probabilmente destinati ad

uso militare.

Venivano alzati all'alba ogni mattina e scortati nell'officina dove lavoravano fino a sera,dormivano

in  baracche fatiscenti e mangiavano il poco necessario a sopravvivere, sisostentò per

quasi due anni alimentandosi con brodo di rapa e poco più,infatti le condizioni di vita erano

disumane; un giorno lavorando nell'officina bruciò per errore la punta di vidiam,credeva gli fosse

costato la vita poiché bastava spesso questo a far perdere la pazienza ai soldati nazisti,ma

questa volta furono clementi e lo lasciarono in vita.  

Negli anni a venire la Germania subiva dei bombardamenti anglo- americani,le baracche dove

vivevano spesso venivano bruciate e si poteva morire in qualsiasi momento,mi raccontò che

il cielo si ricopriva sempre più spesso di bombardieri in tal numero da non vedere più il cielo

e lui era lì sotto,questi bombardamenti a volte bruciavano mucchi di patate messi insieme

dai contadini del posto vicino al campo di lavoro,fino al punto di cottura. L'esercito tedesco

raccomandava i prigionieri e impiantava dei cartelli con su scritto che chi provava a rubare le

patate, sarebbe stato fucilato, ma la fame era tanta da non veder più ragione,l'importanza della

propria vita ormai offuscata dalle condizioni pietose e mio papà e altri prigionieri andarono più

volte a rubare queste patate per sfamarsi, rischiando la vita. 




I mesi passarono e si giunse all'anno 1945. Gli alleati si avvicinavano e nel mese di marzo di

chiese di essere visitato dal medico che per le sue condizioni di salute, ormai

cosciente della situazione di disfatta tedesca gli aprì le porte sul retro e lo lasciò libero.

Mio padre si ritrovò quindi in un paese martoriato dalla guerra e non avendo nessun tipo di

riferimento chiedeva indicazioni come poteva per tornare a casa, alcuni ancora pieni d'odio per

gli italiani o per la sconfitta, lo direzionarono dalla parte sbagliata, mettendo nuovamente a

repentaglio la sua vita. 


Nonostante tutto in un mese circa a piedi e con mezzi di fortuna riuscì a rimpatriare, tornò a

casa che pesava circa 35 kg e aveva ormai piu di trent'anni. Incontrò sua madre sulla strada per

casa, ma non lo riconobbe. Arrivato finalmente a casa tutti lo accolsero,ma  accecato dalla

fame, mangiò più di un kg di pane dalla foga rischiando di soffocare. Ristabilite le sue condizioni,

tornò alla sua vita e al suo lavoro da camionista meccanico dando la possibilità alla sua famiglia

di sopravvivere essendo nella povertà più totale, ebbe due figli e potè raccontargli cosa davvero

è la guerra.







                                       

                                  
Flavio Merello.  Genova, 27 gennaio 2021

                                                                          





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