24 maggio 2018

24 MAGGIO 1915 L’ITALIA IN GUERRA: IL PREZZO PAGATO DALL'ITALIA PER L'UNITA' NAZIONALE



di Elisa Bonacini

Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio

dei primi fanti il ventiquattro maggio;

l’esercito marciava per raggiunger la frontiera

per far contro il nemico una barriera!

Muti passaron quella notte i fanti,

tacere bisognava e andare avanti.

S’udiva intanto dalle amate sponde

sommesso e lieve il tripudiar de l’onde.

 La canzone del Piave a memoria dell'ingresso dell'Italia nella Prima Guerra Mondiale. La grande tragedia del popolo italiano che rappresentò tuttavia un passaggio decisivo per la formazione del senso di identità dell’Italia e del suo popolo. 
La decisione di entrare in guerra aveva spaccato l’opinione pubblica tra neutralisti ed interventisti.  La borghesia, gli intellettuali (ricordiamo la corrente futurista di Filippo Tommaso Marinetti), gli industriali, la stampa nazionalista tra cui il Corriere della Sera favorevoli alla guerra, mentre la classe operaia ed il popolo contadino fondamentalmente estranei alle dinamiche geopolitiche ostili alla partecipazione dell'Italia.
Cominciò dalla dichiarazione di guerra all'Austria-Ungheria quel 24 maggio 1915 un percorso che porterà l’Italia  a subire perdite stimate oltre un milione di vittime.
Sul fronte soldati provenienti dalle più variegate zone d’Italia; tra loro persino difficoltà di comprensione nella lingua. Umili soldati che chiedevano aiuto al più istruito nella compilazione di lettere struggenti alla famiglia, alla moglie, ai figli che avevano lasciato con l’incertezza del ritorno.
 Era stato il 28 luglio 1914 quando l'Austria aveva dichiarato  guerra alla Serbia. Il pretesto l'attentato il 28 giugno 1914 a Sarajevo in cui rimase ucciso l'Arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono austriaco.
Dal 1914 al 1918  il sistema delle alleanze coinvolse 28 nazioni del mondo in una guerra di dimensioni mai viste. Vennero utilizzate nuove tecnologie: aerei, carri armati, sottomarini, e le devastanti armi chimiche. Uno spiegamento di forze senza precedenti, una massa enorme di milioni di uomini : borghesi, proletari e contadini, così diversi culturalmente.
Nell'agosto del 1914 furono 20 milioni i soldati europei chiamati alle armi ; nel 1918 erano 65 milioni i soldati che combattevano sui vari fronti.
“La guerra : igiene del mondo!”. Così Filippo Tommaso Marinetti, fondatore del futurismo, incitava i giovani italiani alle armi. Molti intellettuali futuristi, tra cui lo stesso Marinetti ed anche mio nonno Giuseppe Bonacini nella primavera (aprile-maggio) del 1915  (prima dell'entrata in guerra dell'Italia), si arruolarono volontari nel Battaglione Lombardo Volontari Ciclisti Automobilisti (V.C.A.),  la più famosa unità para-militare della Grande Guerra. 

Monte Altissimo : Battaglione Lombardo Volontari Ciclisti Automobilisti ;
con i baffi secondo da destra Filippo Tommaso Marinetti

Animati da un fortissimo ardore patriottico e desiderosi di liberarsi dell'oppressione Austriaca, rivendicavano le terre di Trento e Trieste.

Ma l'evoluzione della guerra smentì presto le ottimistiche previsioni austriache trasformandosi in un estenuante guerra di posizione e di trincea: migliaia di morti per avanzare pochi metri, sotto bombardamenti di intensità mai visti prima. Uno dei peggiori ostacoli  gli sbarramenti di reticolato formati da filo spinato che proteggevano le trincee nemiche. All'inizio del conflitto i nostri soldati non disponevano di una strumentazione idonea per tagliare il filo spinato che veniva aperto con quanto a loro disposizione, addirittura a mani nude. Un'operazione lenta e immaginiamo molto dolorosa che li sottoponeva  all'alto rischio di essere colpiti dall'artiglieria nemica. Solo con l'evolversi del conflitto gli eserciti dei vari schieramenti vennero dotati di alcune pinze -cesoie per tagliare il filo spinato. 

La prima guerra mondiale fu una vera carneficina: alcune fonti stimano fino a 26 milioni di morti. Solo in Italia provocò circa 1 milione e 240.000 vittime. Quasi la metà civili, decimati dalla carestia e da epidemie mortali quali la terribile influenza “spagnola” la più grande pandemia della storia, aggravata nelle condizioni di miseria e fame  generate dalla guerra.  
Gli stessi soldati uccisi non solamente dal fuoco nemico, ma da infezioni e da malattie causate dal freddo, dal gelo e dalla scarsità del rancio. Oltre il 20 % dei soldati morti furono dispersi.
Le gravi perdite umane sui vari fronti vennero rimpiazzatecon  ragazzini giovanissimi, di età  inferiore ai 18 anni  (i cosiddetti ragazzi del '99). 
Ma fu difficile per tutti, italiani ed austriaci, essere degli eroi : la fragilità umana accomunò i soldati dei vari schieramenti. Alcuni esitavano a fare fuoco sul nemico, rischiando di essere sottoposti a gravi punizioni, anche alla fucilazione. Ci fu chi gettò il fucile e preferì consegnarsi al nemico. 
I soldati trovarono un poco di conforto scrivendo fiumi di lettere ai propri cari e struggenti pagine di diari, lettere testamento che sono arrivate intatte fino a noi e che, seppure talvolta con una grammatica incerta,  esprimono la nostalgia per la famiglia ed un commovente attaccamento alla Patria.
E migliaia di soldati morirono a guerra finita. Un fenomeno poco noto è quello dei cosiddetti “pazzi di guerra” che, a causa dello shock emotivo subito durante i combattimenti finirono i loro giorni nei terribili “sanatori mentali” del primo novecento.

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