6 settembre 2018

“MEMORIA AGLI I.M.I”: LA MEDAGLIA D'ONORE il riconoscimento per i soldati italiani che dissero NO al nazismo




di Elisa Bonacini


“MEMORIA AGLI I.M.I” dal 2011 è l'ambizioso progetto dell'associazione “Un ricordo per la pace” per far emergere e rivalutare il sacrificio dei nostri soldati internati nei lager nazisti durante la seconda guerra mondiale. 
Il progetto è finalizzato anche a guidare gli aventi diritto nelle pratiche necessarie per ottenere la Medaglia d'Onore, Onorificenza conferita dal Presidente della Repubblica ai cittadini italiani, militari e civili che dopo l’armistizio dell'8 settembre 1943 rifiutarono di aderire alle formazioni naziste e pertanto vennero catturati ed internati nei lager destinati a lavoro coatto per l'economia di guerra della Germania.
 Considerando che il numero degli IMI viventi di anno in anno è sempre più esiguo ricordiamo che si può richiedere l’Onorificenza anche in qualità di erede.
La triste storia degli I.M.I. per molti anni volutamente oscurata è stata rivalutata negli ultimi decenni e considerata a tutti gli effetti una delle prime forme di “resistenza” al nazismo. 
Fu l’armistizio firmato a Cassibile ed annunciato via radio dal Generale Badoglio nella serata dell' 8 settembre 1943 l'Italia a mettere fine all’alleanza dell’Italia con la Germania.
 I nostri militari, allo sbando, si trovarono nella situazione drammatica di scegliere da che parte stare. Oltre 616.000 soldati italiani rifiutarono di continuare la collaborazione con i tedeschi e furono catturati e deportati nei campi di concentramento nazisti. Il loro status non fu quello di prigionieri di guerra, bensì di “internati militari”, abile stratagemma di Hitler per sottrarli alla tutela ed agli aiuti della Croce Rossa Internazionale.
Eroi inconsapevoli, i nostri soldati affrontarono con spirito di sacrificio e grande dignità il periodo della “prigionia”. Considerati “traditori” furono obbligati a svolgere lavori particolarmente pesanti e pericolosi, esposti al rischio dei frequenti bombardamenti.
A costo della propria vita gli Internati Militari Italiani anche dopo la cattura mantennero fede al giuramento fatto alla Patria, allora Regno d'Italia. Solo una piccolissima percentuale, spinta dagli stenti e dalle continue vessazioni, optò a favore dei tedeschi. Più di 50.000 ne morirono in quei campi, per lo più di fame e malattie tra cui la tubercolosi, contratte a causa delle gravi carenze nutrizionali ed igieniche. Migliaia ne morirono al rientro in Italia. 
Orgogliosamente Aprilia  si piazza ai primi posti nel panorama pontino per avere ricevuto finora 14 Medaglie d'Onore. Un ringraziamento è doveroso pertanto al sostegno della stampa locale, in particolare a Bruno Iorillo Direttore ed Editore del Giornale del Lazio per lo spazio che mi riserva sempre nella divulgazione  dell’argomento.
Per potere richiedere la Medaglia d'Onore anche in qualità di erede, è necessario compilare e spedire, tramite raccomandata all'indirizzo indicato, una modulistica scaricabile dal sito internet del Governo Italiano - Medaglia d'Onore I.M.I. allegando le documentazioni di cui si è in possesso: foglio matricolare del militare, lettere dal lager etc, che testimonino l'internamento nei campi di concentramento nazisti dopo l'8 settembre 1943 e naturalmente la condizione di non optanti.
Invito perciò gli apriliani (e non solo, naturalmente) a mobilitarsi in una piccola ricerca nella storia familiare considerando che se risponderanno con sollecitudine a questo appello potrebbero rientrare nella prossima cerimonia di consegna prevista il 27 gennaio Giornata della Memoria.
L'associazione “Un ricordo per la pace” negli ultimi anni  ha realizzato diversi video tematici con le testimonianze degli ultimi ex internati di Aprilia e della provincia di Latina e ricorda che sono a disposizione gratuitamente per la visione nelle Scuole del territorio.
Per informazioni rivolgersi all'Associazione “Un ricordo per la pace” : cell.3280751587  e-mail el.bonacini@gmail.com  

SCENE DAL LAGER: IL “NO!”  NEL RESERVE LAZARETT DI ZEITHAIN  

Come noto, mio padre Ernesto Bonacini ha lasciato alla morte una documentazione “riservatissima” sul suo vissuto in guerra e poi nel campo di concentramento in Germania: lettere, foto e  anche un diario “di guerra e prigionia” scritto in quei giorni drammatici.
Anche quest'anno nella ricorrenza dell'8 settembre voglio condividere una parte di quegli scritti, in questo caso sono poche righe tratte da una lettera da lui scritta nel dopoguerra alla neonata associazione degli ex internati italiani ANEI .
Una ulteriore prova della fedeltà all’Italia  trova espressione attraverso un soldato anonimo, uno dei tanti, che con grande dignità e coraggio non volle tradire il giuramento patrio, neppure con la certezza che la sua decisione avrebbe provocato presto la sua morte.
La scena si svolge nel febbraio 1944 nel Reserve Lazzarett di Zeithain, il lazzaretto “campo ospedaliero” per soldati gravemente malati, campo distaccato dello Stalag IV B di Zeithain (circa 30 km da Dresda) dove mio padre malarico trascorse circa un anno prima di essere assegnato a lavori fuori dal campo. A Zeithain venne internato anche il cittadino apriliano Domenico Fusco di Aprilia, scomparso nel 2016.
Reserve Lazzarett Zeithain, febbraio 1944 : “... Passai per una baracca di malati gravi di tisi (ndr :tubercolosi), uomini che avevano i giorni contati. Mi avvicinai ad un compagno intento ad osservare una fotografia. Era, come mi disse, della mia classe: 1923. 
Con occhi che non avevano più luce guardando una piccola foto rispondeva a quanto io domandavo. Pure immaginando la risposta volli chiedere chi fosse quella donna (per esperienza sapevo il valore di una parola di un amico in quelle circostanze). 

“ Mia madre è !“ mi rispose. In un attimo davanti a me vidi una donna sulla soglia di una casa nella disperata attesa di chi non può ritornare.
“Opta!” gli dissi, con la speranza di poter ridare un figlio ad una madre. Abbassai lo sguardo per non incontrare il suo. 
“No!” mi rispose con una voce che non era quella di uno che stava per morire. Dopo 11 giorni quel ragazzo venne portato alla pineta. E non fu il solo.” 

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