4 settembre 2013

ADDIO SHLOMO VENEZIA! SI È SPENTO UNO DEGLI ULTIMI EBREI SOPRAVVISSUTI AD AUSCHWITZ -BIRKENAU

di Elisa Bonacini 


15 aprile 2011 : Shlomo Venezia in Aula Consiliare ad Aprilia.
Sul braccio sinistro il tatuaggio del numero 182727,
la sua identità nel “campo della morte” di Auschwitz.
Nella notte tra il 30 settembre ed il primo ottobre si è spento a Roma all'età di 88 anni Shlomo Venezia, uno degli ultimi testimoni della Shoah, lo sterminio degli ebrei effettuato dai nazisti durante la seconda guerra mondiale. Ebreo italiano, nacque nel dicembre 1923 a Salonicco in Grecia dove venne arrestato con la sua famiglia (mamma, fratello e tre sorelle) e deportato nel campo di concentramento nazista di Auschwitz-Birkenau, in Polonia. Giunse nel lager l'11 aprile 1944 dopo 11 giorni di tradotta in condizioni di sofferenza terribile su di uno dei treni dai vagoni piombati adibiti al trasporto degli ebrei. 
All'arrivo al campo avveniva la crudele separazione nelle famiglie: gli uomini da un lato e le donne con i bambini dall’altro, un ricordo tragico che rimase indelebile nella memoria di Venezia. poiché da quel momento non rivide più la mamma e le sorelle minori Marica e Marta. Un ufficiale delle SS selezionava attraverso un rapido sguardo i prigionieri abili al lavoro indicando con il pollice “Links... rechts !”, cioè “Sinistra... destra!”. Era decisa così in un istante la sorte degli ebrei deportati: da una parte il lavoro forzato nel campo, dall’altra la morte nelle camere a gas.

Molti prigionieri erano selezionati anche per sperimentazioni mediche, effettuate soprattutto dall'ufficiale medico delle SS Josef Mengele. Soprannominato "Angelo della morte" concentrò le sue criminali indagini scientifiche su bambini, persone con deformità fisiche ed in particolare su gemelli monozigoti. 
 Durante la prigionia Shlomo Venezia venne obbligato a lavorare nel Sonderkommando, “unità speciale” composta da internati che lavoravano nel Crematorio, con il terribile compito di rimuovere e cremare i corpi degli ebrei uccisi nelle camere a gas. Fu uno dei pochissimi sopravvissuti, l'unico in Italia (una dozzina in tutto il mondo), che svolsero questo compito disumano. I nazisti infatti uccidevano periodicamente i componenti di queste “squadre speciali”, affinché non rimanessero testimonianze di quegli orrori e si mantenesse il segreto circa lo svolgimento della “soluzione finale della questione ebraica”. Venezia rimase circa 10 mesi a Birkenau, in quello che definiva “l'ultimo gradino dell'inferno”. Verso la fine del 1944, con l'avanzare degli Alleati, si diradarono gli arrivi dei convogli dei deportati e venne dato l’ordine di smantellare i crematori. Shlomo riuscì a salvarsi la vita, infiltrandosi in gruppi di prigionieri che le guardie SS trasferivano in altri campi (la “marcia della morte”). Fu liberato dagli Americani il 6 maggio 1945 a Ebensee, un sottocampo di Mauthausen in alta Austria. Malato gravemente trascorse circa 7 anni in sanatorio, senza svelare a nessuno la sua vera identità e la sua provenienza, facendosi chiamare col nome di Bruno. Visse un silenzio che durò più di 40 anni e che lo portò ad una grande sofferenza interiore ed a sviluppare un enorme senso di colpa, sentimento comune nei sopravvissuti , che lui definiva la “malattia dei sopravvissuti”. Nel 1992 maturò la volontà di lottare contro l' “oblio” della Shoah e cominciò a portare instancabilmente la sua testimonianza sia in Italia che all'estero: era per lui un dovere nei confronti della famiglia e di tutti gli ebrei uccisi. Amava soprattutto rivolgersi ai giovani nelle scuole, accompagnato spesso dalla consorte, la dolce signora Marika. Ricordare e documentare i tragici avvenimenti del passato è condizione necessaria per poter sperare che non accadano mai più; nell'ottobre 2007 raccolse le sue memorie nel libro “Sonderkommando Auschwitz 182727”, tradotto in ben 24 lingue.
Il 26 gennaio 2011, nella Giornata Internazionale della Commemorazione delle vittime dell'Olocausto presso la sede dell'UNESCO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura) a Parigi, raccontò la sua storia: “... Non è mai stato possibile dimenticare,voltare pagina, vivere normalmente.-spiegò Shlomo- Birkenau è rimasto in me un peso che mi schiaccia e che mi impedisce di ridere, di divertirmi, di essere come tutti gli altri.
Per molto tempo è stato impossibile per me raccontare quello che avevo visto e vissuto nei Crematori di Auschwitz. Avevo l’impressione che le persone non mi credessero e che mi avrebbero preso per matto. Ho dunque preferito rimanere in silenzio fino al 1992, quando l’antisemitismo e il negazionismo hanno ripreso a manifestarsi in Italia e ho sentito che non potevo più tacere. Sentivo dire spesso che Auschwitz era una leggenda, che gli ebrei mentivano...”.
Shlomo Venezia all'Istituto Gramsci di Aprilia
Il 15 aprile del 2011 Shlomo Venezia portò la sua toccante testimonianza anche ad Aprilia. Gli studenti dell’I.C. “A. GRAMSCI” ed i rappresentanti degli studenti delle scuole medie di Aprilia rientrati dal “viaggio della memoria”, ebbero così l’onore di conoscere presso l'Aula Consiliare del Comune di Aprilia questo grande personaggio, un incontro dal profondo valore educativo. Organizzatrici dell'evento erano state la professoressa Campolmi Margherita e Pedrazzi Barbara con la partecipazione del Sindaco Domenico d'Alessio, dell'Assessore alla Cultura Patricia Renzi e della Giunta Comunale. Gli studenti avevano assistito con grande interesse all'intervento di Venezia; in particolare gli alunni che avevano letto il libro “Sonderkommando” lo intervistarono ponendogli numerose domande.
Alla notizia della sua scomparsa tutto il personale e gli alunni dell’I.C. “ANTONIO GRAMSCI” di Aprilia hanno provato un dolore autentico ed una grande commozione. “Ricordo un uomo serio, sempre composto nel suo racconto tenuto con grande discrezione come se avesse il timore di turbare la nostra sensibilità - sottolinea la professoressa Barbara Pedrazzi - Aveva in mano una bustina trasparente contenente alcune foto e degli appunti, spesso la guardava e la rigirava tra le dita; ho avuto l’impressione che ci volesse dire qualcosa di più”.
“ E’ una lezione di vita quella che Shlomo ci ha lasciato, - ha commentato la Dott.ssa Maria Nostro, Dirigente scolastico dell’Istituto Gramsci- dimostrandoci come la dignità dell’uomo sia stata capace di superare le sofferenze e le umiliazioni delle deportazioni e dei campi di sterminio. Il nostro compito ora sarà quello di custodire, rispettare e diffondere la memoria storica che Shlomo ci ha trasmesso in eredità. Abbiamo il dovere di consegnare alle prossime generazioni il suo testamento morale, dobbiamo tenere vivo il ricordo perché quello che è successo possa rimanere per sempre un capitolo chiuso della storia dell’umanità, un monito contro la cattiveria e la crudeltà umana”.

Il ricordo della sua tragica esperienza e della sua straordinaria opera di divulgazione della tragedia dello sterminio degli ebrei siano incoraggiamento per combattere ogni nuova forma di razzismo, di odio etnico, politico e religioso.
Addio Shlomo! Che nessun uomo possa mai più assistere all'orrore che i tuoi occhi ed il tuo cuore dovettero sopportare.

Pubblicato su "Il Giornale del Lazio" il 19 ottobre 2012

Pagina 41 de "Il Giornale del Lazio" del 19 ottobre 2012

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