4 settembre 2013

Giuseppe Bonacini ed il mitico Battaglione Lombardo Volontari Ciclisti Automobilisti (V.C.A.)

di Elisa Bonacini

Giuseppe Bonacini
Il Battaglione lombardo V.C.A (mio nonno era nell'8° plotone), era un'unità para-militare di circa 500 uomini comandata da Carlo Monticelli, che si proponeva una sorta di addestramento all' imminente  guerra contro l'Austria e la Germania per la liberazione di Trento e Trieste. Il loro slogan (inquietante al giorno d'oggi) proponeva la guerra quale "igiene del mondo".
A farne parte furono anche alcuni rappresentanti del movimento culturale Futurista, Umberto Boccioni, Anselmo Bucci, Achille Funi, Antonio Sant'Elia, Ugo Piatti, Carlo Erba, Mario Sironi, ed il suo fondatore, lo scrittore Filippo Tommaso Marinetti.
Il Battaglione V.C.A partì da Milano nel luglio del 1915, per raggiungere la zona di guerra sulla sponda orientale del Lago di Garda, nelle retrovie del fronte trentino. Dopo avere trascorso agosto e settembre nella fortezza di Peschiera, a Ottobre il battaglione si spostò a Malcesine, e poi sulle pendici del monte Altissimo. A metà ottobre il Battaglione Lombardo si portò  nella zona del Monte Baldo e il 23 ottobre partecipò alla battaglia che ebbe come obiettivo la presa di Dosso Casina ( M. Altissimo).


L'ottavo va
Il Battaglione Lombardo si appostò in prossimità degli appostamenti delle truppe austriache, su un costone chiamato Dosso Tre Alberi e rimase in attesa dell’ordine di avanzare. All'alba del 23 ottobre il Battaglione si preparò alla battaglia: i soldati uscirono dai reticolati ed incominciarono l'attacco. Il 24 ottobre il Battaglione Lombardo, gli Alpini e i soldati del Genio costrinsero gli Austriaci alla fuga.
Gli Italiani così riuscirono vittoriosamente a conquistare quella importante posizione strategica.
Il 1° dicembre 1915 il corpo dei Volontari Ciclisti Automobilisti venne sciolto ed i volontari si arruolarono poi  nell'esercito regolare; molti di loro pagarono con la vita il forte spirito patriottico.
Nel movimento futurista ci furono oltre dieci morti, tra cui Umberto Boccioni, Carlo Erba e Antonio Sant'Elia.

(Interessanti approfondimenti su VCA  e sul futurismo si possono trovare al sito www.cimeetrincee.it/futuristi.htm ed in diverse  pubblicazioni tra cui “ I futuristi del Battaglione lombardo: Volontari, Ciclisti, Automobilisti”dello storico Luigi Sansone.)



Alba del 23 ottobre
Potrebbe essere  Filippo Tommaso Marinetti?
Anche Giuseppe Bonacini, dopo l'esperienza nei Volontari Ciclisti Automobilisti, si arruolò a fine 1915 nel Corpo dei Bersaglieri nell' Esercito regolare. Durante la seconda guerra mondiale, seppure mutilato di guerra, fu Comandante del Distretto militare di Reggio Emilia, col grado di Maggiore.
Un episodio particolare che testimonia la grande rettitudine ed onestà di Giuseppe mi è stato raccontato da mio padre Ernesto, e risale al periodo post 8 settembre 1943 : avendo in cassa gli stipendi dei dipendenti e prevedendo che il Distretto venisse saccheggiato in quel clima di confusione generale, si precipitò con una camionetta presso la sede della Banca d' Italia di Reggio Emilia ed intimò al direttore, con maniere molto convincenti, a fucile spianato, di mettere in cassa quel denaro. Il direttore della banca obbedì tempestivamente a quel comando, aprì la cassaforte e mise al riparo quell'ingente cifra. Mio nonno pretese anche la ricevuta di quel deposito, e naturalmente la ottenne.
Questa ricevuta, diligentemente conservata, gli salvò la vita dopo che (ritengo a fine 1944), venne fatto prigioniero dai partigiani e portato in un campo di concentramento (forse in Toscana) la cui località purtroppo mi è ignota. Mio papà Ernesto, tornato a casa dopo l'internamento in Germania sul finire del 1945, ebbe la notizia che il padre era prigioniero in tale campo di concentramento.
 Si precipitò da lui portando con sé quella ricevuta, e ciò salvò la vita a mio nonno.
Tale ricevuta so per certo che è ancora custodita nella mia casa paterna, ma al momento, purtroppo, non sono riuscita a ritrovarla.

Ricordi di famiglia

La figura di mio nonno, che non ho mai conosciuto, poiché morì nel 1961, dopo una lunga ed inesorabile malattia quando avevo solo pochi mesi , mi è stata comunque sempre familiare, poiché la sua foto e quella di mio zio Dante, amatissimo figlio morto in prigionia nel 1943 in Russia, hanno troneggiato per decenni su un mobile della nostra sala da pranzo.
Insieme, entrambi in divisa, entrambi Bersaglieri, entrambi intrisi di un forte, oggi quasi incomprensibile “amor di patria”, tanto forte nel padre da non volere interferire sul percorso militare del primogenito Dante, di soli 20 anni, il suo figlio più amato e disponendone nel ruolo di Comandante del Distretto Militare di Reggio Emilia la partenza per il temibile fronte russo nel settembre 1942.
Dante Bonacini
Dante Bonacini, Sottotenente del 6°Reggimento Bersaglieri, Divisione Principe Amedeo d'Aosta, morì infatti a soli 21 anni nel febbraio 1943 in Russia. Ferito nei combattimenti sul fiume Don, venne fatto prigioniero dai russi e morì a causa probabilmente di setticemia in un trasferimento ferroviario da lager a lager ; si liberarono del corpo buttandolo giù dal treno. La sua triste sorte è stata comunicata ai famigliari da un suo attendente che ebbe più fortuna e riuscì a ritornare a casa. Di ritorno dalla Russia consegnò alla famiglia le stellette che Dante aveva sulla divisa quando morì, che sono esposte ad oggi nel medagliere di famiglia. Di lui rimane anche la “divisa migliore” che lasciò stesa sul letto il giorno della partenza. Mio papà Ernesto Bonacini, deceduto nel 1999, ha cercato per tutta la vita di sapere dove si potessero trovare i resti del fratello, senza nessun esito. Solamente nel 2011 nell'ennesimo tentativo di avere notizie con l'ausilio di internet, con immenso stupore e grandissima emozione ho potuto conoscere la data verosimile del decesso (19 febbraio 1943) ed il luogo dove risulterebbe essere sepolto : una fossa comune ad Oranki.
Ernesto Bonacini
 Mio papà Ernesto partì soldato prima dei 20 anni nel marzo 1943 per la Grecia e venne deportato come IMI (Internati Militari Italiani), dopo l'armistizio dell' 8 settembre 1943, nello Stalag IV B di Zeithain, in Germania.
 Il 27 gennaio scorso ho ritirato in qualità di erede la medaglia d' onore, riconoscimento concesso dal Governo Italiano a tutti i cittadini italiani – civili e militari- e ove deceduti, ai loro familiari, che dopo l’8 settembre 1943 furono catturati e detenuti dai tedeschi nei lager nazisti, non accettando l’adesione alla R.S.I. o alle formazioni delle SS. 

Mio papà Ernesto ebbe il padre Giuseppe come modello esemplare per tutta la vita, lui che non fu mai bravo come il fratello maggiore Dante, che non ebbe mai la stessa passione per lo studio e per la vita militare; mio papà Ernesto, la cui esperienza di guerra in Grecia e la sua prigionia come internato militare a soli venti anni, erano considerate una cosa trascurabile in confronto alle sofferenze del padre nella grande guerra e a quelle del fratello in Russia.
Un argomento, quello della “prigionia” a Zeithain appena accennato a noi figli, soprattutto nei momenti dei capricci, per farci capire quanto eravamo fortunati negli anni '60 io e mio fratello Ostilio, dopo la miseria e gli orrori del periodo di guerra.
Ernesto Bonacini nel lager di Zeithain

Non era necessario quindi si parlasse di mio nonno in famiglia, bastava un'occhiata alla sua foto per immergersi in quei contesti di guerra, in quelle atmosfere epiche, in quelle gesta eroiche che la mia mente fantasiosa di bambina rendevano quasi tangibili, reali, simili a scene di films che vedevo talvolta in televisione od al cinema.
Tanti anni sono trascorsi, la vita è avanzata veloce con giorni spensierati e purtroppo anche un grande dolore, la fine improvvisa di mio fratello Ostilio. A lui, bambino di pochi anni, nonno Giuseppe raccontava, quasi fosse una favola, la sua esperienza di guerra, immagino con quale minuzia di particolari, e cercava, essendo Ostilio un bambino di indole piuttosto ribelle, di inculcargli un po' di disciplina e quel rispetto delle regole che per tutta la vita aveva perseguito.


“Il cassetto della storia”

 Solo dopo la morte dei miei genitori ho potuto aprire quel cassetto dei ricordi, quel “cassetto della storia”, per tanti anni celato con quel pudore dei sentimenti comune a tutta quella generazione. 
Copertina del diario di guerra e prigionia
 Ed ecco emergere documenti, fotografie, cartoline, lettere conservate gelosamente e chissà quante volte lette e rilette, immagino con quale nostalgia....ed infine quelli che considero i gioielli di famiglia: il “diario di guerra e prigionia” di mio padre Ernesto, scritto “in diretta”in quei tragici momenti e l'Album di fotografie di mio nonno Giuseppe, volontario nel mitico Battaglione Lombardo Volontari Ciclisti Automobilisti (V.C.A.) nel 1915 agli esordi della 1a Guerra Mondiale, dall'ironico titolo “Impressioni di guerra” :fotografie eccezionali, che rappresentano quei momenti animati da un fortissimo ardore patriottico.

Copertina dell'album dei V.C.A.

La testimonianza di Osvaldo, compagno d'armi nei V.C.A.

Attraverso le parole del carissimo amico Osvaldo, “ compagno d'armi” (il cui cognome mi è ignoto), tratte da un articolo da lui scritto nel marzo 1961 su un giornale di Reggio Emilia pochi giorni dopo la morte, la descrizione di mio nonno Giuseppe Bonacini e qualche ricordo di quei giorni condivisi negli aspri combattimenti sulle Alpi Venete.

<<Peppino era un emiliano, un tipo gioviale,un carattere forte, un animo generoso, un fisico robusto, un cuore semplice e puro.
“La sua caratteristica essenziale”così mi scrive il caro amico Maurizio da Gualdo Tadino “ era già indicata nel suo nome: la bontà, e la generosità. Certo, io credo il più generoso di quanti conobbi nel battaglione. Mi ricordo quandosi caricava anche dello zaino dell'eroico, ma fisicamente debole Manfredi, il mazziniano...”.
Come era premuroso e gentile verso gli amici, così era fermo e deciso nelle azioni guerresche.
E spingeva in sella i ritardatari ed aiutava in ogni modo i commilitoni.
E quante premure ebbe sempre per me!
Ricordo il suo allarmato accorrere quando, sul Costone dell'Altissimo uno shrapnel scoppiò
proprio sulla mia testa: Avevo sentito tambureggiare i pallini sulle foglie e sulle rocce, tutto intorno a me. “Osvaldo, sei ferito?” ansimo'. Io intanto mi tastavo una gamba, dove avevo sentito la percossa di un botto, nei calzoni avevo un foro: la pallottola la trovai l'indomani, affondata nella calza di lana. 
Un giorno, sempre a Dosso Casina, noi due eravamo stati distaccati di pattuglia oltre la linea, quando giunse il primo rifornimento di viveri: il Battaglione ne era privo da un paio di giorni. 
Al nostro rientro, più nulla era rimasto dei viveri. Noi eravamo morti di fame, fummo autorizzati ad andare a rifornirci nella lontana seconda linea.
A braccetto, un poco barcollando, tornammo dal sergente Pagano che, verso Redecol, dirigeva i servizi : “Date due gamelle di vitto a questi due! “ ordinò Pagano. Che scorpacciata facemmo! 
Infilammo poi alcune pagnotte in un bastone e tornammo tosto tosto in linea. 
Un capitano degli Alpini, notandoci sulla esposta mulattiera mentre le artiglierie del Brione ci avevano chiaramente presi di mira, ci aveva raggiunti e rimproverati.
“Ma signor Capitano”, aveva risposto Peppino, “siamo mezzo morti di fame!”
 E quando ci arruolammo per la seconda volta nei V.C.A., in Piazza S. Angelo (n.d.r. a Reggio Emilia) io e Adami firmammo l'arruolamento anche a nome di Peppino. E l'indomani, recatici a Reggio, Peppino lietamente ci ringraziò:” Avrei voluto vedere se eravate capaci di partire senza di me!”.
In seguito, dopo un breve periodo a Pesaro, fece domanda per frequentare il corso allievi ufficiali e partì per Laveno, dove lo rividi qualche mese più tardi, in occasione di una mia licenza.
Non appena nominato Aspirante, Peppino volò a Pesaro per trascorrere qualche giorno con noi.
Poi andò al fronte. Nel maggio 1917 fu ferito a Castegnovizza,, ma nel mese di giugno raggiungeva il 1° Battaglione Bersaglieri Ciclisti, in zona di guerra
Nel giugno 1918 fu nuovamente ferito in modo grave da una bomba a mano in una coscia. (Lo vide trasportare in barella il nostro povero Carletto Rocca, che era tra i rincalzi). Abbisognò di lunghe cure :si può dire dovesse ad ogni medicazione subire il raschiamento dell'osso. “E' un santo” disse allora la suora che l'assisteva.
Nella seconda guerra mondiale, sebbene mutilato, ebbe funzione di comando del Distretto Militare di Reggio Emilia.

Maggiore Giuseppe Bonacini
Giuseppe Bonacini venne decorato con medaglia d'argento al V. M., con la seguente motivazione: “Durante un intenso bombardamento col suo contegno calmo e risoluto incitava i propri dipendenti alla resistenza. Rimasto ferito abbastanza gravemente al viso da schegge di bombe a mano, si allontanava dalla linea solo dopo ripetuti ordini del Comandante della Compagnia”. (Castegnovizza, 26. 5. 1917).

Una seconda medaglia d'argento al V.M. ebbe la seguente motivazione: 
“Comandante di un plotone, lo conduceva al contrattacco, incitando con l'esempio e con la parola. Assaliva poi d'impeto un gruppo di nemici, affrontando con sprezzo del pericolo, il loro violento tiro di fucileria e di bombe a mano. Rimasto ferito, continuava ad incitare alla resistenza i dipendenti”.(Sasson Piave, 20. 6. 1918).>>





Un museo storico ad Aprilia
per non dimenticare

Ed è per non dimenticare i sacrifici di coloro che subirono gli orrori della guerra che da 13 anni sto cercando di realizzare il desiderio di mio fratello Ostilio Bonacini scomparso nel 1999 : l'istituzione un museo storico- bellico ad Aprilia (dove la mia famiglia si è trasferita per motivi lavorativi nel 1967) che accolga i reperti e cimeli della seconda guerra mondiale relativi agli eserciti che hanno combattuto nel nostro territorio dopo lo sbarco degli Alleati ad Anzio il 22 gennaio 1944, da lui collezionati in trenta anni di appassionata ricerca.
Nell'ottobre 2002 é stato possibile esporne solo una parte nell'allestimento della mostra storica permanente “Centro di Documentazione Storica del Comune di Aprilia” presso l' Istituto Comprensivo G. Pascoli ad Aprilia. Sembrava allora prossima la costituzione del Museo Civico della Città. Ma nell'ottobre 2008 la mostra, è stata dismessa da tale sede per esigenze didattiche, ed il materiale bellico della collezione, non essendo stato reperito dal Comune altro locale idoneo, è stato accolto, grazie alla sensibilità del Preside Prof. Giovanni Battista Galassi, nell'Aula Magna dell'Istituto Superiore Carlo e Nello Rosselli in via Carroceto ad Aprilia, dove è attualmente custodito.
Finalmente oggi, sebbene con un budget limitato, grazie all'impegno preso dal Comune di Aprilia attraverso la delibera del 12 giugno 2012, è stato possibile ingrandire l'allestimento espositivo nell'Istituto Rosselli quale sede temporanea, in attesa di un locale più idoneo preferibilmente nel centro storico di Aprilia. Tale esposizione permanente dovrà essere utilizzata a fini didattici, educativi e di studio, e resa accessibile gratuitamente al pubblico.

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