di Elisa Bonacini
La famiglia Bucci, arrivò nel 1940 ad Aprilia proveniente dall'Emilia Romagna, poiché l'O.N.C. (Opera Nazionale Combattenti) assegnò loro il podere n° 2585, dopo la grandiosa opera di bonifica dell'Agro Pontino. La coltivazione principale era quella del grano, l' “oro” dei coloni, che veniva prelevato dall'O.N.C. e pagato con incentivi proporzionali ai quintali prodotti. Ai coltivatori veniva lasciata una quantità non superiore ai due quintali per componente del nucleo familiare.
“I nostri genitori lavoravano dalla mattina alla sera.”- ricorda Cesarino, il maggiore dei fratelli Bucci- “Anche noi figli, sebbene piccoli, avevamo i nostri compiti da svolgere e cercavamo di fare il possibile per alleviare le loro fatiche ”.
![]() | - | ![]() | - | ![]() |
Angelo Bucci | Romano Bucci | Cesarino Bucci |
Ma il benessere ottenuto con tanti sacrifici si annientò col sopraggiungere della guerra nel nostro territorio. I tre fratelli Bucci, che risiedono ancora nella superficie del podere, in via Carducci, si trovarono infatti coinvolti nei combattimenti tra tedeschi ed americani nei giorni che seguirono lo sbarco degli americani ad Anzio il 22 gennaio 1944.
Racconta Cesarino: “Gli americani si piazzarono sulla Piccola Circonvallazione. La mattina seguente i tedeschi che provenivano dal fosso della Ficoccia, occuparono il nostro podere. Cominciò una grande offensiva tra americani e tedeschi. Noi ci riparammo nella stanza più interna del casale. I tedeschi si appostarono dietro il fienile, dietro il porcile, dietro il forno. . . Terrorizzati, osservavamo tutto attraverso le finestre. Ne morirono tantissimi! I soldati feriti entravano in casa e quelli che poi morivano venivano gettati fuori dalle finestre. Ne sopravvissero solo tre o quattro. Mio zio suggerì di arrendersi; loro allora misero la bandiera fuori in segno di resa, ma gli americani poco dopo ripresero a colpire, pensando forse si trattasse di un tranello. A quel punto anche i tedeschi ripresero a sparare, da una finestra all'altra, per far capire di essere ancora molti. Verso le 5, era già quasi buio, fuggirono in direzione del cimitero e noi invece andammo verso gli americani, cioè verso il centro di Aprilia. Trascorremmo la notte nelle sale dell' O.N.C. e poi raggiungemmo la località di Buon Riposo, che era sotto il controllo americano, dove aveva il podere una nostra zia. Dopo qualche giorno, poiché i tedeschi avanzavano, ci rifugiammo nelle grotte di Beghin. Eravamo circa 50 persone tra cui le famiglie Carboni e Pazienti, ed una cinquantina di soldati americani. I tedeschi, sapendo che vi erano nascosti degli americani, buttarono alcune bombe lacrimogene all'imboccatura delle grotte. Scappammo immediatamente all'aperto, coprendoci alla meglio il viso per ripararci dalle esalazioni tossiche del gas. Fuori dalle grotte ci presero i tedeschi, mentre gli americani iniziarono la loro offensiva. Io rimasi ferito alla mano sinistra ”.
![]() |
Il casale poderale Bucci dopo la guerra |
“I tedeschi ci portarono a Roma, dove trascorremmo circa 20 giorni in una caserma nella zona di S..Giovanni, che accoglieva centinaia di sfollati in condizioni igieniche miserabili ” -
spiega Luigi Bucci - “Ci caricarono poi su una tradotta militare tedesca per portarci ai campi di concentramento. A Monte Rotondo un bombardamento americano colpì, distruggendoli, il locomotore del nostro treno ed i primi quattro vagoni. Noi eravamo al quinto o al sesto. Ci furono numerose vittime. Ci siamo salvati per miracolo! Dopo un lungo viaggio, in gran parte a piedi e con mezzi di fortuna riuscimmo ad arrivare nel mese di aprile in Romagna da parenti . Ritornammo ad Aprilia a fine guerra: il nostro podere era stato completamente distrutto. Ci attendeva il gravoso compito della ricostruzione”.
“Prendemmo due vacche”-racconta Romano- “una maremmana e una perugina. Sono state il nostro Cater -Pillar, il nostro trattore multifunzione. Grazie ai proventi della coltivazione del grano abbiamo potuto ricominciare a vivere dignitosamente. Quando sono morte per vecchiaia, dopo tanto lavoro, abbiamo pianto tutti, compreso nostro padre”.
![]() |
La torre civica di Aprilia prima della guerra |
Cesarino nell'intervista ricorda con nostalgia il centro storico di Aprilia pre-guerra e ne esalta la bellezza architettonica, lanciando una interessante proposta: “Hanno ricostruito il campanile, ma perché non la torre civica? Per me era il simbolo della nostra cittadina. Quando l'hanno abbattuta, se ne è andato con lei un pezzo di cuore. Se mai la dovessero ricostruire, sarei disponibile a contribuire personalmente!”.
Nessun commento:
Posta un commento