5 ottobre 2023

DAL DIARIO DI GUERRA E PRIGIONIA DI ERNESTO BONACINI 80 anni fa : Schiavi di Hitler




dal diario versione integrale


"Eleusina 5/10/43-

Sveglia all'alba, adunata, quindi un giro per il campo a raccogliere schegge. Assistiamo al rifornimento di un apparecchio per poi incamminarci verso l’angar e ritirare il rancio. Ci troviamo nelle immediate vicinanze della nostra casa quando la contraerea dà il segnale d'allarme. È un corri corri, un fuggi fuggi verso i rifugi. Innanzi a tutti è il tedesco dell'organizzazione Tod che scappa a gambe levate. Non credo sia necessaria tanta fretta anche perché i colpi del …... (non è chiara questa frase: forse ha subito delle percosse) non hanno avuto su di me alcun effetto (Ernesto ha scritto e poi cancellato:  sono perfettamente calmo), quando però sento la contraerea che inizia un fuoco indiavolato mi ...corse verso il rifugio.

Il rifugio per la nostra compagnia è il numero sei. A mezza via incontro Favaldi che mi indica gli splendenti apparecchi, sono ormai sopra di noi. Non raggiungiamo il rifugio, ma un ripostiglio che doveva essere adibito, quando in quel luogo esisteva una postazione, a rifugio di munizioni. È un minuscolo rifugio ove ci si sta appena rannicchiati. Incontro Laugion e un cane (di razza......) anziano. Non sono passati che  pochi secondi che lo strano fischiettio di una bomba ci scuote ci scuote sino a toglierci ogni senso. Mi rendo conto di quanto sta succedendo dal susseguirsi degli scoppi che terrificanti giungono al nostro orecchio. Bombe ci cadono vicinissime, la terra trema mentre ancora ci troviamo nella più nera oscurità.

È ritornata la calma, il nostro rifugio è stato quasi seppellito, è rimasta solo una piccola finestrella ove a stento riesco a passare per vedere se effettivamente tutto è finito.

Come sto per uscire noto all'estremità del campo un apparecchio tedesco in fiamme e vicinissimo al nostro rifugio l'enorme buca della bomba esplosa. Mi ritiro terrificato e mi faccio il segno della croce mentre distinto si sente il rombo di motori.

Ho la sensazione di vedere mia madre.

Pochi attimi e altri scoppi, altra tempesta di fuoco che si abbatte su di noi.

Altri attimi di completa amnesia.

Come ritorna di nuovo la calma il carabiniere con un filo di voce ci dice: "ho fatto la guerra mondiale, ho fatto il fronte albanese, sono stato silurato in alto mare, ma vi assicuro figlioli che come questa non l'avevo mai provata."

Poco dopo un ufficiale tedesco, che prima notavamo solamente i calzoni (probabilmente lo intravedevano attraverso la finestrella del piccolo rifugio), si inginocchia ed entra con la testa nel rifugio, ci guarda meravigliato; i suoi occhi ci rispecchiano un suo dubbio: come sono ancora in vita?


Fertia (probabilmente fortuna ndr.), gli dico con la voce in gola.

"Ja" mi risponde sorridendo. Usciamo coperti completamente di terra.

 Il sudore ha permesso alla polvere di formare uno strato nerognolo sulle braccia e sui nostri visi  trasfigurati.

Sullo zaino in Angar noto una grossa scheggia mentre molti compagni lamentano le gavette fuori uso.

Le altre tavole di lamiera presentano innumerevoli fori. L'adunata mi sorprende intento a ritirare un poco di acqua mista a verdura fresca. Il tedesco che ci comanda fa sospendere la distribuzione e armati di pala e picco ci dirigiamo verso la pista di lancio meravigliosamente colpita.

È da poco passato mezzogiorno, si lavorerà fino alle 22. 

 Alle 20 sospendiamo il lavoro scioperando. Le nostre ragioni non valgono.

 Da ieri sera non mangiamo e il lavoro ci ha portato una debolezza indescrivibile.

Ci troviamo quindi con gli utensili a terra. Brevi attimi di riposo perché  in questa gente l'umanità  manca. Una squadra di avieri, armata di staier ci invita al lavoro con modo tutt'altro che umano (ndr. corretto  da Ernesto con ragionevole).

Solo quando la pista è  in ordine ci viene riportato di raggiungere l'alloggiamento. 

Mentre viene distribuito il pane con un invisibile pezzetto di burro, una bomba inesplosa è saltata producendo l'immancabile panico del fuggifuggi.

 Il burro calciato e pestato è l'unico inconveniente della serata di una giornata veramente vissuta. Meravigliosamente nessun italiano è caduto. Molti invece presentano graffiature.


Ernesto Bonacini e i suoi compagni Missolungi 1943


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